Area Marina: «Parlare di salute mentale per non provare più vergogna»
Salute è una parola che ho sentito molte volte nella mia vita. Intorno a me tutti se ne sono sempre preoccupati, e io stessa ho sviluppato una certa capacità nel percepire immediatamente quando qualcosa non va dentro di me. Tuttavia ci sono aspetti legati alla salute che talvolta per automatismo tendo a trascurare.
Il significato di salute è molto ampio, ma quando se ne parla il nostro primo pensiero raggiunge la dimensione corporea: analisi non in regola, dolore fisico, infezione virale o batterica, sono alcuni collegamenti che facciamo. Eppure, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia definito la salute come “uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o d’infermità” si fa ancora fatica ad associare la parola salute alla psiche.
Il 10 ottobre si è celebrata la giornata mondiale della salute mentale, un argomento ancora oggetto di stigma. Io stessa nel corso della mia vita ho fatto e sto facendo i conti con alcuni bias che mi porto dentro. La mia famiglia ha una lunga storia legata alla salute mentale e buona parte della mia infanzia è costellata di non detti. Ma l’ansia, la depressione, le condizioni psichiatriche e tutto ciò che ruota intorno alla sfera mentale, di tutto avrebbero bisogno fuorché di silenzi.
Con il tempo, ascoltando le persone che scelgono di raccontarsi ho imparato che convivere con ansia e depressione vuol dire sopportare il peso di una società che se ne lava le mani, che attribuisce ogni responsabilità agli stessi individui oggetto di pregiudizio. Non veder validata la salute mentale, al pari di quella fisica, è sicuramente uno degli aspetti più frequenti con cui si palesa lo stigma. Parole come “sforzati”, “c’è chi sta peggio”, “stai esagerando” o “non pensarci”, che tante persone si sentono dire quando esprimono un disagio psicologico, sono la manifestazione dei numerosi stereotipi che ci sono intorno alla salute mentale. Come scrive Sara Colognesi, psicologa e psicoterapeuta, sui suoi profili social, “quando ci si sente rivolgere quelle affermazioni è un pugno allo stomaco: è come sentirsi dire che i tuoi problemi non esistono, non meritano attenzione, che tu non meriti attenzione”.
Se nel 2021 ancora non siamo riusciti a liberarci di determinati pregiudizi vuol dire che questi hanno radici profonde. La salute mentale porta con sé un’eredità di isolamento e soprusi, che ha contribuito a rafforzare quegli stereotipi che esistono tutt’oggi. Per anni le problematiche psichiche sono state la scusa con cui i regimi avviavano azioni repressive contro i dissidenti o le persone che non si conformavano alle regole sociali. La famosa isteria, il retaggio che le donne storicamente si portano dietro quando non soddisfano l’immagine che la società ha scelto per loro, è stata ampiamente utilizzata per manipolare il genere femminile.
La salute mentale è ancora un grande tabù, e pensando a questo periodo difficile che ha un impatto enorme sulla psiche di tante persone, è fondamentale restituire alla dimensione psicologico-emotiva il suo significato più profondo scevro da condizionamenti. Ma soprattutto, è necessario parlarne per far si che non sia più motivo di vergogna, di isolamento e di quella voluminosa assenza di parole che pesa come un macigno.