Area Marina: «Come zittire quelle voci che ti dicono che non sei abbastanza brava»
Esiste una vocina nella mia testa che ogni tanto fa capolino e mi fa dubitare di me stessa. È insistente e fastidiosa, si insinua tra i miei pensieri e non la smette di dire la sua. Arriva quando meno me lo aspetto e ci tiene a puntualizzare che tutto quello che ho conquistato non ha nulla a che vedere con le mie capacità. Non sei abbastanza brava, mi dice, i traguardi che hai raggiunto sono solo frutto delle circostanze e prima o poi le persone se ne renderanno conto.
Con il tempo ho scoperto che non sono l’unica a sentire questa voce, e soprattutto che ha un nome: sindrome dell’impostore. No, non è una malattia e neanche una condizione genetica, si tratta di un fenomeno che accomuna molte persone, in particolare le donne, e le fa sentire degli impostori, appunto, artefici di frodi intellettuali, di star ingannando il prossimo sulle proprie capacità, e che i meriti che vengono loro attribuiti sono del tutto infondati.
Come donna con disabilità nella mia vita ho avuto modo di incontrare spesso il pregiudizio. Questo ha alimentato molto la mia sindrome dell’impostore. Vivo costantemente nel dubbio che ogni mia conquista lavorativa, ogni passo avanti, mi sia in qualche modo dovuto, che mi venga concesso per compassione, e questo mi impedisce di godere a pieno dei miei successi.
Non di meno la società è responsabile nell’alimentare la sindrome dell’impostore. La tendenza delle donne a sottovalutarsi deriva in parte da una cultura che ha sempre veicolato l’inadeguatezza del genere femminile nei contesti lavorativi. Secondo la ricerca He’s Skilled, She’s Lucky: A Meta-Analysis of Observers’ Attributions for Women’s and Men’s Successes and Failures, di Janet Swim e Lawrence J. Sanna, le persone tendono ad attribuire maggiormente i successi degli uomini alle loro abilità, mentre quelli delle donne alla fortuna. Essere una donna significa essere conscia del fatto che ci vengono richiesti standard più elevati su professioni dove la valutazione dovrebbe essere puramente oggettiva. Inoltre, non solo l’asticella è più alta, ma veniamo spinte a dimostrare la nostra competenza in modi raramente richiesti agli uomini. Tutto questo nutre la sindrome dell’impostore, che si manifesta nella sensazione di non essere mai abbastanza.
Sono tante le donne che vivono nella paura del giudizio e che provano questo costante senso di colpa, come Florencia Di Stefano-Abichain, che della sua esperienza con la sindrome dell’impostore ha fatto tesoro, realizzando il libro Pensavo di essere io… invece è la Sindrome dell’Impostore, come trasformare il senso di inadeguatezza nel nostro migliore alleato, edito da Vallardi e in uscita il 21 ottobre.
«La paura di essere smascherata, il terrore di non essere mai all’altezza, di non meritare niente mi accompagnano da trent’anni», scrive Di Stefano-Abichain, che attraverso il suo libro cerca di trasmettere quello che ha imparato, come gestire e convivere con queste sensazioni che spesso ci paralizzano e non ci fanno gioire dei traguardi.
Io una soluzione alla sindrome dell’impostore ancora non l’ho trovata, ma sto imparando a farci i conti. Forse il segreto sta tutto nel far emergere questi timori, guardarli in faccia, non tenerli chiusi dentro di noi. Se tutti imparassimo a parlarne ci accorgeremmo che in fondo a nuotare in questo mare di insicurezze non siamo soli.