Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim, l’amicizia è d’oro: «Il nostro sogno, realizzato insieme»
Moncton è una cittadina di 70mila abitanti all’estremità orientale del Canada, a pochi chilometri dal mare. Lì, tra il 19 e il 25 luglio 2010, si sono svolti i campionati mondiali juniores di atletica leggera, con 170 nazioni partecipanti e oltre 1500 atleti. Tra loro, due giovani promesse del salto in alto: il qatariota Mutaz Barshim, all’epoca 19enne, e l’azzurro Gianmarco Tamberi, un anno più piccolo, alla sua prima grande manifestazione.
«Ci siamo incontrati per la prima volta a quell’evento», ha raccontato Barshim, che trionfò saltando circa 20 centimetri più dell’italiano. «Ricordo che stavo entrando in un ristorante, lui mi fermò e mi fece i complimenti, mi disse che ero un grande saltatore. Pensai subito che fosse matto, ma fu una sensazione strana perché sembrava ci conoscessimo da sempre. Da quel giorno ci siamo sfidati tante volte e il legame è rimasto forte».
Una storia incredibile, fatta di cadute – entrambi hanno attraverso lo stesso grave infortunio alla caviglia – e di rinascite. «Nel meeting di Parigi del 2017, un anno dopo il crack di Montecarlo, non riuscii a saltare la misura di qualificazione», ha rivelato Tamberi. «Dodici mesi di sacrifici, riabilitazione e sofferenza, mi sembrava che non avessero portato a nulla. Mutaz venne in camera mia a rincuorarmi, a dirmi che dovevo avere pazienza».
Le lacrime di Gianmarco davanti all’amico hanno fortificato il rapporto. Tanto che l’anno successivo i ruoli si sono invertiti: stesso guaio fisico per Barshim, con l’azzurro in prima fila per sostenerlo e dargli appuntamento ai Giochi di Tokyo. Ecco, forse già vederli battagliare sulla pista giapponese bastava per una sceneggiatura cinematografica, ma i due hanno sono andati ben oltre, regalando un epilogo inimmaginabile, degno di un kolossal.
https://www.youtube.com/watch?v=8pzFZqUVjb4Mai una finale olimpica del salto in alto, infatti, si era conclusa in perfetta parità: «In questi casi c’è la possibilità di proseguire con il jump-off, una sorta di spareggio», sono le parole dell’arbitro, riprese in un emozionante video pubblicato online dal canale ufficiale dei Giochi. «Possiamo avere due medaglie d’oro?», chiede Mutaz rompendo gli indugi. «È possibile, dipende da voi», balbetta il giudice, senza neanche completare la frase.
A Tamberi e Barshim basta uno sguardo: «Ovviamente non era una cosa pianificabile, abbiamo dato tutto ed è stata una sfida pazzesca, la migliore di sempre», afferma il qatariota. «Così, quando siamo arrivati entrambi alla stessa misura, con lo stesso numero di errori, ci siamo guardati negli occhi, esausti, e abbiamo capito che andava bene così. Non c’era bisogno di altro, per quale motivo avremmo dovuto andare avanti? Eravamo entrambi da oro».
«Siamo scoppiati a piangere perché ci siamo resi conto che avevamo realizzato il nostro sogno. E lo avevamo realizzato insieme, che era la cosa più bella», aggiunge Tamberi. Che mesi fa ha partecipato al matrimonio di Mutaz e prossimamente ricambierà l’invito: «Umanità, unione, solidarietà. Nel momento in cui abbiamo accettato di salire entrambi sul gradino più alto del podio, abbiamo mandato il nostro messaggio. Che va al di là dello sport».