Si chiama «smart social housing»: è un nuovo modo di abitare, hi-tech e sostenibile
È un po’ come veder crescere le case nella modalità creativa di Minecraft. Solo che non si tratta di un gioco ma di una realtà che sta impattando fortemente nel mondo dell’affordable housing, e non parliamo di singole case ma di interi quartieri intelligenti. Modelli potenzialmente replicabili ovunque, ma modulati sui singoli contesti e progettati in base alla sostenibilità e alle tecnologie integrate.
Nei format creati da Planet Smart City c’è un aspetto su tutti a fare la differenza: al centro (reale e simbolico) dell’architettura e dell’urbanistica a prezzi accessibili c’è una piattaforma digitale che consente agli abitanti di interagire scambiandosi oggetti e servizi, ma anche vivendo la socialità del quartiere con quell’inclusione che oggi è sentita più che mai come esigenza trasversale. «Si potrebbe partire semplicemente dai dati delle Nazioni Unite: 300 milioni di famiglie in tutto il mondo vivono in abitazioni inadeguate, e ogni anno globalmente vengono costruiti 10 milioni di abitazioni sociali» esordisce Susanna Marchionni, co-founder dell’azienda insieme a Stefano Buono e Giovanni Savio, e amministratore delegato del distaccamento in Brasile, dove attualmente Proptech Planet Smart City ha il più alto numero di progetti realizzati. «Ma normalmente tutti pensano che le abitazioni e i quartieri smart siano per un pubblico di nicchia, mentre la nostra idea è stata capovolgere questa concezione e considerare la tecnologia un mezzo e non un fine. Qualcosa che permettesse di mettere al centro le persone, insomma, e integrando appunto le soluzioni tech, l’ambiente e l’architettura realizzare dei progetti che fossero realmente in grado di cambiare in meglio la vita delle persone in relativa difficoltà. Diciamo che per fare qualcosa del genere serve essere contemporaneamente visionari e concreti, perché naturalmente la componente ideale e passionale – che è davvero forte soprattutto quando vedi la portata dei risultati che il tuo lavoro ha sulla qualità della vita di tante famiglie – si regge su un solido modello di sviluppo economico e su un’importante opportunità di investimento, che parte dal deficit abitazionale dei paesi in via di sviluppo».
Come si può, concretamente, raccontare quello che fate?
«L’idea di partenza è creare infrastrutture di alto livello, ma accessibili a fasce di popolazione più ampie possibili. Questo significa che, per fare l’esempio più semplice, in Brasile e in India, con una cifra contenuta (intorno ai nostri 13.500 euro), una famiglia può avere un’abitazione perfettamente funzionale, ecologica, sostenibile sotto tutti i punti di vista e per così dire “decorata”, curata anche in molti particolari estetici. Sembra un dettaglio, ma non lo è: le ricerche sociologiche dimostrano che più una abitazione è bella, più si è portati a prendersene cura e a vivere tutto l’ambiente e il contesto in modo partecipe e positivo. Nel nostro caso questo vale ancora di più, perché la singola casa è solo uno degli elementi di un progetto più ampio che include progettazione urbana, infrastrutture, commercio, sostegno all’impresa. Significa avere quartieri illuminati, strade pavimentate con autobloccanti, piste ciclabili, orti urbani. Cose che in una parte del mondo sono date per scontate, ma in un’altra pur nella loro semplicità non lo sono».
E Planet App come si inserisce in questo contesto?
«La piattaforma digitale è, come si dice in questi casi, il cuore dei nostri quartieri. La app, gratuita, è ciò che mette insieme tutto quello che offriamo ed è anche la chiave attraverso cui gli abitanti del quartiere possono accedervi: serve per ottimizzare il consumo energetico individuale ma anche per programmare la vita sociale (concerti, cene negli spazi comuni e così via). Permette a chi vive o frequenta Smart City di scambiarsi oggetti di utilità ma anche di generare reddito vendendo determinati prodotti o servizi alla persona. E contemporaneamente – spostando ora l’attenzione sull’aspetto di business – consente a noi di creare revenues, di avere ricavi, grazie a partner che magari attraverso la App vendono i loro prodotti scontati. L’idea di comunità emerge con forza all’interno del suo discorso. Per noi è essenziale, sì, ed è quello che mi rende non solo felice ma onestamente innamorata del mio lavoro. Tant’è che sono partita per il Brasile con l’idea di star via 6 mesi per avviare il progetto pilota, e ormai sono qui da più di 6 anni (Susanna Marchionni ci parla dagli uffici vicino a Fortaleza, nella parte nordorientale del Paese, ndr). Il futuro delle società prevede di comprare meno e utilizzare sempre meglio e sempre di più la condivisione di spazi, oggetti, servizi. Attraverso le infrastrutture e la connettività si crea empowerment, e si consente di pensare che ci sia un’alternativa dove – altrimenti – non è affatto scontato sia così. Con Planet Smart City cerchiamo di sviluppare senso di appartenenza e implementare l’economia circolare. La casa stessa smette di essere tale nei suoi metri quadrati e si estende a ciò che sta fuori, con l’utilizzo delle aree verdi, degli spazi, della città appunto. Il format che abbiamo creato è pensato per macroaree ed è replicabile in modo da adattarsi alle esigenze delle varie comunità, in linea con i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite».
Venendo al mondo occidentale? Avete appena riqualificato un quartiere alle porte di Milano.
«Esatto. Bisogna premettere che, naturalmente, in Europa non è possibile avere l’economia di scala dei paesi in via di sviluppo, e nemmeno il deficit di abitazioni è paragonabile. Ma con le nostre soluzioni possiamo intervenire su molti aspetti, come l’innovazione tecnologica e gli aspetti più sociali. Mentre in Brasile e in India creiamo progetti greenfield, cioè nuove opere, in Italia interveniamo in brownfield, ossia dove c’è necessità di riqualificare aree urbane esistenti. Nel 2016 a Torino, dove ha sede il centro di progetto e sviluppo della nostra società, abbiamo dato vita in via sperimentale alla
prima piazza smart in Italia: orti urbani, un hub con biblioteca degli oggetti e scambio di libri, pranzi sociali la domenica e altre iniziative. È
stato un successo tale che, anche a sperimentazione finita, alcune delle attività che avevamo ideato sono proseguite in modo autonomo, per il
desiderio spontaneo degli abitanti del quartiere. Al di fuori di quella, che fu appunto una riuscitissima sperimentazione, alle porte di Milano siamo
intervenuti nel Quartiere Giardino di Cesano Boscone, dove insieme a Palladium Group abbiamo trasformato un’area esistente in un ecosistema smart. I punti di forza in questo caso vanno cercati nelle soluzioni a risparmio energetico, nella riduzione di emissioni di CO2, in un orto urbano esteso su 250 mq e in grado di produrre fino a 400 kg di ortaggi senza utilizzo di fertilizzanti. E naturalmente nella app di Planet Smart su cui, anche grazie all’allestimento di aree con wifi gratuito, ogni utente può interagire con la comunità e partecipare alle attività di Quartiere. Inoltre proprio il mese scorso, a un anno esatto dalla concretizzazione del progetto, abbiamo inaugurato nuovi spazi comuni come la Biblioteca degli Oggetti (dove si possono prendere in prestito accessori di uso non quotidiano, mettendo quindi realmente in pratica la filosofia del riciclo e della condivisione) e tre sale che possono essere utilizzate per attività di vario tipo: c’è quella pensata per le feste, quella per le riunioni e una polifunzionale in cui per esempio sono già stati forniti i tappetini per lo yoga. Interventi essenziali, ma in grado di fare la differenza».