«La storia di Lisey»: la prima serie di Pablo Larraín con Julianne Moore è un antidoto contro il dolore
Il giorno in cui Stephen King ha avuto una visione di come sua moglie Tabitha avrebbe reagito alla sua morte coincide con il giorno in cui tornò a casa dopo un ricovero di tre settimane e trovò il suo studio rassettato, gli appunti dentro uno scatolone, la scrivania ripulita e gli scaffali svuotati. È stato in quel momento che King ha pensato di scrivere quello che, a distanza di quindici anni, reputa ancora il suo romanzo più bello, La storia di Lisey, che oggi diventa una serie meravigliosa disponibile su Apple Tv+ che ha visto lo stesso King impegnato nella sceneggiatura, evento più unico che raro visto che sulle trasposizioni televisive e cinematografiche delle opere di King sono stati scritti trattati su trattati che hanno spiegato quanto sia difficile, se non impossibile, rendere giustizia a quella matassa di storie senza il supporto del suo autore. «Alcuni dei miei romanzi, come questo, sono più difficili da amare, ma sono sempre stato affascinato dalla storia, ed è per questo che ho accettato di farmi coinvolgere nel progetto» ha detto King in un’intervista a Entertainment Weekly che, infatti, per La storia di Lisey ha accettato di collaborare con la Bad Robot, la società di produzione di J.J. Abrams, il creatore di Lost, e con il regista cileno Pablo Larraín che, dopo essersi specializzato nel genere del biopic (a novembre vedremo Spencer, il suo film sulla principessa Diana con Kristen Stewart), si misura per la prima volta con il fantasy e la tv.
https://www.youtube.com/watch?v=BqcI0kk-Cts&t=8sLa storia ruota tutta attorno al personaggio di Lisey Landon, interpretata dal premio Oscar Julianne Moore, a due anni dalla morte del marito Scott (Clive Owen), romanziere di fama internazionale, faro sempre acceso per migliaia di persone che, grazie ai suoi libri, hanno trovato una chiave per capire il mondo. Le continue attenzioni di un professore di letteratura (Ron Cephas Jones) che spiega a Lisey che pubblicare il materiale inedito di Scott sarebbe il modo migliore per rendere giustizia alla sua memoria e le ripetute minacce di Jim Dooley (un inquietante Dane Dehaan), fan sfegatato di Landon che ricorda neanche troppo alla lontana la Annie Wilkes di Misery, portano la donna a una profonda crisi emotiva che la costringerà ad affrontare il lutto che anni prima ha cercato di seppellire in fretta e furia, sperando che sparisse il prima possibile. Il tema dell’elaborazione del dolore è centrale ne La storia di Lisey, visto che è solo affrontando i demoni che ci si può liberare dalla minaccia dell’ignoto, da quella forza oscura e primordiale che ci porta nelle tenebre impedendoci di vedere la soluzione. Lisey, per proteggersi e preservarsi, ha deciso di rimuovere alcuni dettagli della vita di Scott e alcuni suoi racconti legati a un’infanzia terribile nella quale affrontare il Male di petto era l’unico modo per poter sopravvivere. Durante il loro matrimonio Scott era spesso assente, nel senso che spesso si perdeva in un mondo tutto suo dal quale tornava disorientato, colmo di ispirazione ma anche di grande paura. Lisey ha sempre pensato che avere la testa fra le nuvole fosse più che normale per un creativo come lui, ma quando capisce che anche sua sorella Amanda (Joan Allen) soffre dello stesso meccanismo di astrazione, trovando come Scott un unico modo per riconnettersi alla realtà, ovvero prendere una lama acuminata e sanguinare, come se quella disperazione potesse abbandonare il corpo solo defluendo, realizza che tutti i pezzi sono collegati e che l’unico modo per salvare sé stessa è riaprire il cassetto delle emozioni e affrontarle una buona volta.
https://www.youtube.com/watch?v=O1SLc8gOrpMLa storia di Lisey, che si sviluppa in otto episodi che sembrano dei quadri, scritti con amore e girati con luce fredda e chirurgica, come se in qualche modo Larraín volesse suggerirci di dissezionare il dolore per poterlo scomporre e comprendere, è una serie forte, a tratti disturbante. L’immensa bravura della Moore rende giustizia a questa donna disorientata costretta a fare i conti con un mondo alternativo che, per certi versi, sembra più sano di quello reale, dominato dalla sopraffazione e dalla violenza fine a sé stessa, dall’ombra che inghiotte la luce impedendole di filtrare nel nostro cuore. Il lavoro di King nei confronti del testo, fedelissimo al romanzo originale, è encomiabile, soprattutto perché gioca sull‘incastro tra il passato e il presente con grande equilibrio, portando lo spettatore per mano in un microcosmo ricco di colpi di scena dove niente viene lasciato al caso. Che si tratti di un prodotto raffinato e non per tutti è evidente già dai titoli di testa, con Lisey e Scott rappresentati come due marionette che si cercano, si abbracciano e sperano che il fato non li separi un’altra volta: al di là della componente fantasy, sempre presente nelle opere di King, è la simbologia quello che conta davvero. La storia di Lisey è il primo lavoro che ha permesso, anche se per vie traverse, al suo autore di raccontare il matrimonio, ed è anche il primo lavoro ad essersi concentrato su una figura femminile che non è Tabitha ma che rappresenta ugualmente un personaggio costretto a vivere all’ombra del marito famoso, attento a non attirare troppa attenzione su di sé per paura di non oscurarlo. È questa una delle tante chiavi della serie, ed è questa il motivo per cui dovreste guardarla.