Dentro la vita (vera) da romanzo della regina Elisabetta II
La vita della novantacinquenne regina Elisabetta II è una favola royal d’altri tempi che, con ogni probabilità, non si ripeterà mai più. Nonostante le «bombe» che si sono abbattute di recente sulla Corona – da ultimo l’addio di Harry e Meghan Markle alla royal family e la loro intervista shock a Oprah Winfrey – per la maggior parte degli inglesi The Queen resta l’amato e indiscusso simbolo del Paese. Antonio Caprarica, il royal watcher più famoso d’Italia, per molti anni corrispondente della Rai da Londra, ha incontrato Sua Maestà più volte. E nel suo ultimo libro, Elisabetta. Per sempre regina. La vita, il regno, i segreti (Sperling & Kupfer), capitolo dopo capitolo scorre un’esistenza (vera) da romanzo. Dall’infanzia all’incontro con Filippo (il «bel vichingo» tedesco e squattrinato che Lilibet faticò a far digerire alla Regina madre), dall’incoronazione alle innumerevoli crisi di corte. Cinquecentosessanta pagine per raccontare l’epopea di Sua Maestà. Nessuna sorpresa. Elisabetta è lì, al suo posto, da quasi settant’anni. Fu incoronata nel 1953 quando Truman governava gli Stati Uniti e Stalin guidava l’Unione Sovietica. Dunque c’è molto da narrare intrecciando la Storia e le storie di un periodo così lungo che l’ha vista sul trono.
Elisabetta a 21 anni aveva promesso ai sudditi: «Servirò il mio Paese fino all’ultimo respiro». Con buona pace del primogenito Carlo d’Inghilterra, è stata di parola. La domanda degli scettici, però, resta sempre la stessa: oltre a durare che cosa ha fatto veramente Elizabeth nei suoi lunghi decenni di regno? La risposta, secondo Caprarica, è espressa chiaramente dal «fondo» che il Times le dedicò al compimento degli ottant’anni: «Grazie Maestà, perché in 54 anni di regno non ha mai permesso alla maschera di scivolarle dal volto». Perché per gli inglesi, come ha scritto il filosofo conservatore Roger Scruton, «il monarca è sacro e misterioso, ma sanno che la sacralità e il mistero sono attaccati a una maschera, dietro la quale un altro inglese ordinario e riservato si è ritirato».
Quando lascia il «costume di scena, che indossa sempre impeccabilmente, la regina appare in effetti una persona abbastanza ordinaria, nel senso di opposto a eccentrica o viziata: questo almeno per le sue abitudini quotidiane, i gusti, le simpatie e le antipatie». Caprarica ripercorre la vita della sovrana anche nei dettagli della vita di tutti i giorni. Ad esempio scopriamo un’immagina romanticissima di Elisabetta adolescente: ogni sera prima di addormentarsi – lo ha raccontato sua sorella Margaret – baciava la foto di Filippo che la fissava dalla parete vicino al letto.
E poi c’è la routine quotidiana della regina, rimasta pressoché invariata da sempre. Per esempio ogni mattina alle 7.30 in punto una cameriera le serve la colazione a letto su un vassoio d’argento. Her Majesty mangia toast bianco e biscotti d’avena, e mentre si spalma la marmellata sul pane ascolta alla radio il programma Today. Dopo il bagno, Sua Maestà si sposta nello spogliatoio e indossa gli abiti predisposti dalla sera prima, su scelta della sarta Angela Kelly. Elisabetta «è assolutamente indifferente all’ilare attenzione con cui i tabloid contano quante volte ha rimesso lo stesso abito: sa che gli snob ne ridono, ma la gente semplice lo apprezza». Dentro la celebre borsetta con cui manderebbe messaggi in codice al personale ci sono un fazzolettino di batista, lo specchietto, lo stick del rossetto, un gancio per fermarla ai bordi del tavolo, i portafortuna donati dai figli, qualche foto cara, mentine per gli amati cagnetti e un paio di cruciverba.
Nelle pagine di Caprarica scopriamo poi che Lilibet «è una buona cristiana ma non è un cuoricino sensibile: se deve rompere il collo a mani nude a una pernice appena abbattuta a fucilate e ancora viva, non ci pensa due volte». La sua passione più grande, com’è noto, è cavalcare, e ancora non si sa con chi ce l’avesse il marito Filippo, se con lei o la figlia Anna, quando se ne uscì con la celebre battuta: «Se non mangia fieno, non le interessa».
Proverbiale, poi, la parsimonia di Sua Maestà: «Tutti a Palazzo sanno che la regina odia sprecare persino un penny. Per il personale, si capisce, non per sé o i suoi famigliari, abituati al lusso e al privilegio». Il suo primo segretario privato, lord Chartereis, la definiva «coraggiosa, onesta, umile e sincera, ma avara». Quando nel 1978 andò in pensione dopo trent’anni di servizio, The Queen lo congedò con un filo di commozione (rarissima) offrendogli un vassoio e due cornici d’argento. «Più che abbastanza, per me», commentò acido con gli amici l’ex fedele collaboratore. Capitolo dopo capitolo, davanti ai nostri occhi scorre, anche nei piccoli dettagli, la vita di una sovrana che in quasi settant’anni di regno – mentre crollavano regimi, si sbriciolavano tradizioni, andavano in scena scandali o tragedie di famiglia – è rimasta sempre al suo posto. Riuscendo a mantenere intatta la sua fermezza e la sua popolarità.
Ma Elisabetta. Per sempre regina va oltre l’informazione pettegola, vuole indagare se e quando Sua Maestà «si è sentita felice, se ha mai avvertito il morso della colpa, se avvicinandosi alla fine della corsa è soddisfatta della sua fatica». Da lei, «forse la sola» della royal family «a ricordare che la maestà della monarchia è il suo mistero», non lo sapremo mai.