Ponte Morandi, i periti: è crollato per le mancate manutenzioni
La causa scatenante del crollo del ponte Morandi è «il fenomeno di corrosione a cui è stata soggetta la parte superiore del tirante Sud- lato Genova della pila 9». E ancora: «Se i controlli e le manutenzioni fossero stati eseguiti correttamente, con ogni probabilità avrebbero impedito il crollo…». Sono i periti incaricati dal gip Angela Nutini nella relazione sulle cause del disastro a mettere nero su bianco che il Morandi non era ben controllato e che mancava la manutenzione.
Implicitamente, nelle 500 pagine del documento, è detto anche che quanto avvenuto il 14 agosto 2018 poteva essere evitato come potevano essere evitate le morti di 43 persone.
Il dossier è stato redatto per il secondo incidente probatorio, quello che dove stabilire le cause del crollo. Gli esperti, tutti ingegneri e tutti docenti universitari (Giampaolo Rosati e Stefano Tubaro del Politenico di Milano, Massimo Losa e Renzo Valentini dell’ateneo di Pisa) hanno risposto a 40 quesiti. Il processo di corrosione, secondo i periti, «è cominciato sin dai primi anni di vita del ponte ed è progredito senza arrestarsi fino al momento del crollo determinando una inaccettabile riduzione dell’area della sezione resistente dei trefoli che costituivano l’anima dei tiranti, elementi essenziali per la stabilità dell’opera».
Particolarmente grave la questione controlli. «La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato».
Fra le cause ci sono anche carenze progettuali, difetti costruttivi in fase di realizzazione, carenze di controlli in fase di costruzione da parte della direzione dei lavori e della commissione di collaudo. Non furono fatte, secondo i periti, le indagini specifiche necessarie «per verificare lo stato dei trefoli dei gruppi primari così come raccomandato dal 1985».
Ad Autostrade sarebbe mancata la conoscenza adeguata di come l’opera era stata costruita, «valutando la rispondenza con i documenti progettuali, cosa che avrebbe permesso di individuare il grave difetto costruttivo nell’ultimo tratto del tirante, in corrispondenza della sommità dell’antenna, consentendo di prevedere e tenere sotto controllo il processo di degrado».