Fabrizio Corona: «Vi ho mai detto che sono dio?»
Questo articolo è pubblicato sul numero 45 di Vanity Fair in edicola fino al 10 novembre 2020
Racconta Fabrizio Corona che non uno, ma tre inghippi, hanno determinato il corso del suo destino: tuffarsi in una piscina vuota, ricevere una pallonata in testa così forte da togliergli 5 giorni di ricordi e fumare una canna talmente carica di non si sa cosa da evocare un cane immaginario e feroce, che rimarrà a lungo accucciato accanto a lui, pronto ad azzannarlo. Prima degli inghippi, sostiene, era un bravo ragazzino; poi no, poi è diventato Fabrizio Corona. «Qui ho 17 anni, i kalashnikov sono veri», mi dirà a fine intervista, mostrandomi una foto appoggiata su una mensola della casa in cui sta scontando gli arresti domiciliari: lui a petto nudo, un fucile da una parte, uno dall’altra. Accanto, un’altra foto: suo padre Vittorio, giornalista, mentre lavora a un’inchiesta sulla mafia. Poi verrà a Milano a dirigere Moda e King, i mensili più belli di sempre.
«Fermi dieci persone per strada e chieda: conosci Alessandro Borghi? Due diranno sì, otto no, anche se è un attore bravissimo. Chieda: sai chi è Corona? Risponderanno tutti sì». E questa, ammette, può essere una droga: «Gli altri non sono più persone, ma spettatori».
Nel suo ultimo passaggio in carcere (il quinto) ha fatto quello che aveva fatto tutte le altre volte: leggere, ritagliare articoli, tappezzarci la cella, annotare, con una metodicità ossessiva, quello che avrebbe fatto una volta fuori. Tra le prime cose aveva segnato: scrivere un libro. L’ha scritto, si intitola Come ho inventato l’Italia (La nave di Teseo) e sono 464 pagine di racconto di una vita sopra le righe che per vent’anni si è, in qualche modo, intrecciata alla nostra.
Sono qui per parlarne con lui che è – «ancora per qualche minuto» – impegnato in una riunione. Nell’attesa: a) Chiacchiero con una signora che credo sia la sua assistente e invece è Francesca Persi, «quella del controsoffitto coi soldi, mi sono fatta un mese a San Vittore e poi i domiciliari. In carcere però ho imparato lo yoga. Bellissimo, bellissimo». b) Mi presentano un uomo che «è stato il commesso dei negozi più belli di Monte Napoleone», che mi chiede la marca della borsa e mi rassicura sul fatto che sia un grande classico. c) Ho una piacevole conversazione con Carlos, il figlio conteso tra Corona e l’ex moglie, Nina Moric, che mi spiega alla perfezione Hegel.
L’attesa di Fabrizio Corona è, essa stessa, Fabrizio Corona.
La parola che ricorre più frequentemente nel suo libro è «soldi».
«I soldi sono il limite che segna il mio successo e il mio valore. Oltre quel limite valgo, sotto, no. Il denaro è la mia più grande dipendenza. Il contante, soprattutto: non giro mai con meno di 5 mila euro. Prima che Belén mi regalasse il primo portafoglio della mia vita, li mettevo nelle tasche e li perdevo anche».
Quando si è innamorato del denaro?
«Quando mio padre era direttore di Moda e King, a casa arrivavano centinaia di regali. Vestiti, borse, motorini, opere d’arte. Quello che riuscivo, lo rubavo e lo rivendevo. Il guadagno immediato mi è sempre piaciuto tantissimo».
Eppure, racconta, la sua vita è piena di progetti pazzeschi che poi non sono decollati.
«È vero. Ho inventato format che anticipavano Fanpage, Instagram, i talk show, facevo product placement quando le tv e gli artisti non sapevano nemmeno che cosa fosse. Di solito quando stavo per lanciare queste cose, mi arrestavano. Oppure li mandavo in malora io. Sa, mi stufo subito».
In che senso si stufa?
«Mi annoio, ho bisogno di adrenalina, di correre un rischio. Il mio sogno sarebbe fare l’inviato di guerra, ma ricco. Il gossip mi dava quel brivido. Ora non c’è più niente che me lo dia».
Ne ha ancora bisogno?
«Da morire. Ma confido che, con l’età, le cose migliorino. Comincio a sentire il peso degli anni, che sono 46. Prima dormivo 2 ore a notte e stavo bene, ora, se non prendo 2 Tavor e 20 gocce di Xanax, non chiudo occhio perché il cervello non si spegne. Mi tornano tutte le immagini dal passato, è come se la mia coscienza fosse arrivata a un termine. Mia madre dice che mi succede perché, da un paio d’anni, ho cominciato a fare il padre. È come se questo amore mi avesse reso un po’ più fragile».
Cito: «Carlos oggi per me è la cosa più importante dell’universo ma all’inizio era un progetto editoriale tra gli altri».
«Io ho il coraggio di dire cose che il bigottismo dei nostri tempi non consente. Che le occasioni si sfruttano, per esempio. Prendiamo la vostra copertina dell’Incontrada. Che cosa c’entra con il tema del body shaming? Lei è una figa lì sopra e cavalca un tema d’attualità. Chiara Ferragni, coi suoi figli, sta facendo la più geniale operazione che ci sia. Lei e Fedez, senza la maternità in arrivo, in questo momento avrebbero zero contenuto. Invece: abbiamo il video di quando lei scopre di essere incinta, quello in cui lo dicono alla famiglia, quello di Leone con in mano l’ecografia della sorellina. Quando non esistevano i social, questo genere di operazioni le facevi coi giornali, guadagnavi così. Io, 13 anni fa, ho filmato la mia separazione da Nina Moric e l’ho venduta».
Però Ferragni e Fedez non sfruttano il figlio commercialmente.
«Perché non gli mettono addosso i capi firmati? Ma che c’entra. A loro il figlio crea aumento dell’engagement e quindi del loro valore commerciale, anche senza il tag del marchio. La foto di Leone con l’ecografia è una cosa gravissima».
Detto da lei…
«Sì, detto da me che ammetto di filmare il mio matrimonio per fare soldi e non faccio il puritano. Ora fanno tutti quello che gli ho insegnato io: De Martino chiama i fotografi per farsi paparazzare con la Boscono, la Pellegrini si lamenta che Magnini faceva lo stesso quando stavano insieme. L’unica che non fa queste cose è Belén perché è tonta».
È tonta o ha un minimo, come dire, di moralità?
«A lei non frega niente dei soldi. Una cosa che mi piaceva e, insieme, mi faceva dannare. Se le dicevo: “Andiamo a bere il caffè in quel bar che ci danno 15 mila euro”, lei rispondeva: “Non esco per tutto il weekend, e nemmeno tu”. Solo sulle vacanze riuscivo a convincerla. Le dicevo: preferisci che le foto ce le facciamo fare noi così vieni fuori bella e ci guadagniamo anche, oppure che te le fa il primo che passa e magari si vede la cellulite? Era un po’ come usare i filtri di Instagram, ma in carne e ossa».
Dicevamo che ha scoperto la paternità.
«Quando Carlos era piccolo io non c’ero mai, via fisicamente o via con la testa, concentrato sulla mia carriera. Ho scoperto che cosa voglia dire essere davvero un padre due anni fa. Mi piace tanto. Adesso vogliamo prenderci un cane. Un cane, io. Chi l’avrebbe mai detto. Tra galera e domiciliari non vado in giro da quasi due anni. Ma in casa ci sto da dio, non vado mai nemmeno in giardino».
Che vita fa qui?
«Le ho già detto che sono Dio? Vuole una prova? Sono riuscito a portare il mondo fuori, qui dentro. Da casa muovo 4 programmi televisivi, sono mie le 12 storie più importanti degli ultimi mesi, do da lavorare a 15 persone. Nell’ultimo anno – 55 giorni in comunità, 1 mese in un albergo, 8 mesi qui ai domiciliari – avrò fatturato 2 milioni di euro. Col Covid. Sono sempre impegnato a parte il sabato. Il sabato dormo un po’ di più, mangio tutto quello che voglio, leggo i giornali, guardo la tv. Il sabato è l’unico giorno in cui, per statuto, non scopo. Lo faccio però sempre il venerdì, quando Carlos va a dormire fuori, e io organizzo cene con amici. Se c’è una ragazza nuova, si ferma. Da quando sono ai domiciliari avrò fatto l’amore con 60 donne diverse».
Dove le trova?
«Mi trovano loro. È tutto così facile che sogno solo di incontrare una che non mi vuole e di doverla conquistare, ma non mi capita da una vita. Poi, con tutte, rimaniamo in buoni rapporti».
Le donne di cui parla nel libro forse, invece, non saranno tanto contente.
«Ma non è detto. Prenda Asia Argento, di lei scrivo cose non particolarmente lusinghiere. Racconto che, dopo una sola notte di passione, si trasforma: si piazza sul divano in leggings, maglietta sformata e occhiali da vista e si accende una sigaretta via l’altra. Una noia. Le ho fatto leggere le pagine che la riguardano e mi ha risposto via whatsapp: “Hai scritto una cosa bruttissima, ma hai ragione”. Io dico la verità».
Non è che se una cosa è vera, il mondo sia tenuto a saperla.
«I patti con me sono questi: lo sanno tutte che parlo».
Sincero, ma anche manipolatore – sono parole sue. Chi mi dice che non stia manipolando anche me, con questa intervista?
«Io da lei non voglio soldi, non c’è merce di scambio».
Non è vero: sul piatto c’è una buona immagine.
«Penso di averla già, in questo momento, una buona immagine. E comunque, dopo tanti anni in cui era importantissimo, ora del giudizio degli altri non me ne frega un cazzo. Sa che io non leggo mai – mai – i commenti sui miei social? Per me Instagram è un mezzo di guadagno e comunicazione, non qualcosa su cui costruisco la percezione che ho di me stesso. Io di me stesso so che sono caduto sei volte. E che altrettante mi sono rialzato».
Che rapporto ha con la droga?
«Ho usato la coca e l’Mdma, ma mai troppo, perché sono abbastanza up di mio. Non sono mai stato un tossicodipendente aggravato».
Che cos’è un tossicodipendente aggravato?
«Quello che sono il 50 per cento degli artisti e i figli dei più grandi industriali italiani che spendono 30 mila euro di coca a weekend. Io non ero così: pippavo e andavo a lavorare, non a fare festa. Era la chimica che mi serviva per reggere i ritmi».
Ha mai esagerato?
«Qualche volta».
Ha avuto paura?
«Mai, da molto tempo non ho più nessuna paura di morire».
Ha smesso?
«Dal 2013. Sono col Sert, faccio esami del capello una volta al mese e delle urine una volta alla settimana. Qualche volta mi viene voglia di farmi una canna, una sola, la sera. Però non posso se no torno in galera».
Quindi nessuna dipendenza?
«Per le pillole che uso per allenarmi, ne prendo 30 al giorno: arginina, carnitina, termogenici, creatina, testosterone, vitamine. È una dipendenza psicologica ma anche fisica, nel senso che voglio continuare ad avere questo corpo. Se non le prendessi non sarei così a quasi 47 anni. Ho il fisico di un ventiduenne».
È così importante?
«Mi alleno 362 giorni all’anno: faccia lei»
Mi spiace dirle che il tempo non è amico di certe cose.
«Chi lo dice? Guardi Brad Pitt. E guardi quelli che c’hanno 10 e anche 20 anni meno di me: sembrano i miei genitori. Io mi curo, faccio 3 massaggi alla settimana. Ho massaggiatrici vip. Le pago, non faccio le stories per farli gratis».
Sul viso cosa si fa?
«Il botox e i filler, adesso però è tanto che non lo faccio, e sto meglio. A volte i medici sbagliano e diventi un po’ strano».
Si piace molto?
«Sono innamorato di me. Se rinasco, voglio essere uguale».
Bestia interiore compresa?
«Sì. Le dico sì, adesso, perché mi sembra che si sia acquietata. Merito di Carlos, psicologicamente mi aiuta tantissimo. Occuparmi di lui dà ritmo e senso al mio tempo».
Ma cos’è, poi, questo demone?
«Una specie di dannazione che non mi fa fermare mai. Una specie di frenesia che mi spinge sempre verso l’eccesso. Ho l’horror vacui».
E da dove viene?
«Sono il figlio di mezzo di un padre che aveva molto da fare e di una mamma che aveva le sue tribolazioni personali. Mio fratello Francesco, il più grande, da bambino non stava bene e bisognava occuparsi di lui. Io ero quello che non doveva creare problemi. Mio fratello piccolo è nato quando io avevo 14 anni. Sono stato molto solo. Non che adesso sia diverso».
Ma ha sempre un mucchio di gente intorno.
«Sono persone con cui lavoro. Ma non parlo delle cose che mi preoccupano davvero con nessuno».
Lo psicologo?
«Parliamo, sì, ma di altro».
Non avrebbe potuto spostare tutta questa energia su attività più edificanti?
«Alessandra Dolci, capo della direzione distrettuale antimafia di Milano, mi dice sempre che io sarei stato un bravissimo magistrato».
E invece?
«E invece a 23 anni stavo con Nina Moric, allora la donna più bella del mondo e che guadagnava un pacco di soldi, e io cosa potevo fare: il giornalista di Inter Channel? Il praticante in uno studio legale? Il denaro facile lo fai così, come l’ho fatto io».
Non si pente di nulla?
«Solo delle cose che ho fatto vittima del mio personaggio: i soldi falsi, le pistole. Carlos una volta mi ha detto: papà, perché non fai cose più belle? Ha ragione».
Potrebbe cominciare non andando più a lavare le mutande nei programmi trash.
«La D’Urso mi frutta 50 mila euro e io le ho fatto fare il 26 per cento di share, mentre sulla Rai c’era Conte che spiegava il dpcm. E poi, mi segua, se io non fossi andato a difendermi dalla D’Urso per il video pubblicato da Nina Moric, dove avrei potuto farlo? Tutti i giornali, non solo quelli di gossip, avevano scritto che io picchiavo Carlos, dovevo andare nel palco più popolare che, mi spiace dirlo, è la D’Urso e non Fazio. Di fronte a certe cose non puoi né stare zitto né fare una storia su Instagram. La tv generalista, ancora oggi, amplifica la comunicazione. Travaglio, Mentana e Celentano hanno preso a cuore la mia vicenda di carcerazione perché laD’Urso, a cui promisi la prima intervista dopo il rilascio, ha fatto 30 puntate su di me e le massaie, in un tam tam, hanno cominciato a dire: poverino Corona, poverino Corona, poverino Corona. Così la mia storia è diventato un tema su cui mobilitarsi».
Però davanti a milioni di telespettatori ha detto alla sua ex moglie che avrebbe voluto spaccarle la testa.
«Una cosa grave, lo so. Perché ero, e sono, fuori di me per quello che lei ha fatto con nostro figlio. Se ho menato tanto le mani fuori casa, mai e poi mai l’ho fatto coi miei affetti: non sono una persona violenta. Mai data una sberla a Carlos, mai sfiorata una donna. Le ho sempre e solo prese dalle donne».
Insomma, ha inventato l’Italia, ma che Paese è?
«Di merda».
Che cosa succederà quando rimetterà i piedi fuori dalla porta?
«I miei diavoli ricominceranno a seguirmi. Non mi importa fare una fine drammatica: l’importante è che poi Netflix faccia una serie tv sulla mia vita».
Quanto denaro non ha guadagnato in queste 2 ore che abbiamo parlato?
«Direi 15 mila euro, quelli che mi avrebbe dato Chi se questa intervista l’avessi data a loro».
Foto Jacopo Benassi
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