Frida Giannini contro lo stigma della malattia mentale: «Parlarne, per non avere paura»
Informazione, informazione e ancora informazione. Da quando è nato, nell’estate 2017, il progetto A-HEAD di Angelo Azzurro Onlus sviluppa – tappa dopo tappa – un percorso ermeneutico e conoscitivo delle malattie mentali attraverso l’arte. Per combattere – tramite la comprensione, appunto – lo stigma della patologia psichica e favorire così il recupero della massima autonomia dei pazienti e una loro piena re-integrazione nella società. «Parlarne scaccia la paura», ci rivela la celebre stilista Frida Giannini, che sostiene l’iniziativa. «Ancora oggi resta un argomento tabù: se dici che hai bisogno di uno psicologo, molta gente ti guarda storto. Invece è fondamentale poterlo ammettere, in primis a se stessi, senza vergogna».
«Il punto è che la malattia mentale è invisibile», aggiunge la designer di moda, tra i membri del Consiglio Direttivo di Save The Children e da sempre in prima linea per le questioni sociali. «Durante la mia attività ho assistito con i miei occhi a tante situazioni diverse: dalle baraccopoli in Giordania con i profughi che facevano una sorta di mercatino in cui gli articoli più comprati erano gli abiti da sposa, fino ai villaggi in Malawi dove mi sono battuta per la costruzione di scuole. La differenza, quando si entra nel campo della patologia psichica, è che non la vedi, non genera le stesse emozioni delle foto di povertà estrema e malattia fisica. Così, a causa di questa diffidenza, chi ne soffre rischia di ritrovarsi isolato, che è la cosa peggiore».
«Circuiti» è quindi una parola chiave. Che – non a caso – è anche il titolo della mostra fotografica dell’artista materano Luca Centola, nuova tappa del progetto A-HEAD, dal 23 ottobre al 2 novembre presso lo Spazio Cerere, a Roma. «Re-inserirsi in un circuito è fondamentale per chi soffre di una malattia mentale, la solitudine è tremenda», aggiunge Frida, che ha raccolto pure il contributo video di una serie di personaggi dello spettacolo, tra cui Laura Pausini, Claudia Gerini, Luca Argentero, Paola Cortellesi e Ricky Memphis. «I ricavati della mostra saranno devoluti a favore di progetti riabilitativi legati alla creatività, ossia la realizzazione di laboratori in cui, attraverso ad esempio il disegno, poter tirare fuori parti di sé».
«D’altronde i nostri pazienti hanno meccanismi di difesa molto difficili da scardinare», si inserisce la dottoressa Stefania Calapai, psichiatra e psicoterapeuta, presidente di Angelo Azzurro Onlus, «con il disegno riusciamo a raggiungere zone dell’inconscio che altrimenti rimarrebbero nascoste. Ma non solo, lo sviluppo di abilità creative è spesso una chiave per la reintegrazione. Abbiamo tanti ragazzi che oggi lavorano con noi, uno in particolare suona ed è bravissimo». Insomma, l’arte – nelle sue varie forme – può essere fondamentale per la lotta allo stigma della malattia mentale: «Nelle sue forme lievi, come ad esempio l’ansia, può toccare tutti e questo genera un po’ di paura. Che può essere superata solo con l’informazione».
«Perché da qualsiasi patologia psichica si può guarire, o comunque migliorare molto», ci tiene a specificare la dottoressa, che poi sposta il focus sulla complicata situazione attuale. «Il lockdown ha lasciato ancor più soli i pazienti e le loro famiglie, sono esplosi i casi legati alle dipendenze. Sappiamo che non sono giorni facili, noi facciamo il possibile anche con consulenze da remoto». E la quarantena ha lasciato il segno pure su Frida Giannini: «Venivo da un periodo difficile, restare chiusa in casa così a lungo probabilmente ha portato a galla un problema latente. Piangevo in terrazza, cercando di non farmi vedere da mia figlia. È anche per responsabilità verso di lei che ho deciso così di intraprendere un percorso di analisi».
Perché ammetterlo a se stessi resta il primo passo della cura. E parlarne, appunto, è l’unico modo per combattere lo stigma.