Ilaria D’Amico: «Perché la rovinafamiglie deve essere sempre una donna?»
«Rovinafamiglie» non è l’etichetta bonaria con la quale si possa etichettare l’amore nato in un momento particolare, ma la strumentalizzazione sessista del ruolo che una donna può giocare nella vita altrui. Così Ilaria D’Amico, cui il Fatto Quotidiano ha chiesto se e quanto si senta responsabile della fine del matrimonio tra Gigi Buffon e Alena Seredova, ha definito l’insopportabile tendenza a cacciare eventuali streghe.
«Ci risiamo», ha detto, «Ha mai sentito usare il termine rovinafamiglie per un uomo? C’è l’orrendo gusto di voler ritenere una donna sempre responsabile di qualcosa. Quando io e Gigi ci siamo incontrati, eravamo già persone mature e responsabili, reduci da rapporti fortemente compromessi e da periodi molto dolorosi», ha spiegato la conduttrice Sky, che al calcio ha dato l’addio. «Io non ho trovato un uomo felice in un rapporto idilliaco che ha battuto la testa e improvvisamente si è innamorato di me, bensì un uomo con una crisi esplosa da tempo nella coppia, che ha trovato me nella stessa situazione».
Ilaria D’Amico, che ha spiegato come il passo indietro sul fronte professionale sia stato detto dalla volontà di dedicarsi alla «famiglia allargata» («Nel 2000, potevo lavorare sei giorni su sette, ora non potrei farlo, ma nemmeno lo vorrei»), ha rivelato di aver ceduto al cuore, senza badare troppo alla ragione. «Ho seguito il cuore, non la ragione perché quella mi portava solo a cose negative. Dal lavoro all’immagine pubblica al giudizio di chi si mette lì con il dito puntato», ha detto, raccontando così, con un moto del cuore «bellissimo, ma al tempo stesso spaventoso», l’inizio dell’amore con Gigi Buffon.