Coronavirus, Science: «Ecco perché la scuola può ripartire»
È rischioso rimandare i propri figli a scuola, nonostante il coronavirus? È la domanda che moltissimi genitori si stanno ponendo in queste settimane estive e ancora di più, dopo l’ufficializzazione della ripartenza dell’anno scolastico dal 14 settembre.
Ai loro dubbi ha risposto l’illustre rivista scientifica Science sottolineando che «finora, con alcune modifiche alla routine quotidiana delle scuole, i benefici della frequenza scolastica sembrano superare i rischi, almeno dove i tassi di infezione della comunità sono bassi». Lo ha spiegato Otto Helve, specialista in malattie infettive pediatriche dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere, aggiungendo che è «i focolai nelle scuole sono inevitabili».
Tuttavia la possibilità di contagio tra bambini e adolescenti resta molto bassa, «le persone di età inferiore ai 18 anni avrebbero una probabilità compresa tra un terzo e la metà degli adulti di contrarre il coronavirus e il rischio sembra essere ancora più basso per i più piccoli». Inoltre proprio questi ultimi «non sembrano essere contagiosi». Diverso per gli studenti delle scuole superiori «che devono stare molto attenti. Hanno una malattia lieve, ma sono contagiosi», spiega Arnaud Fontanet, epidemiologo dell’Istituto Pasteur.
Uno dei grandi quesiti, soprattutto per i bambini della scuola dell’infanzia è se potranno giocare insieme e come faranno a mantenere la distanza raccomandata? Secondo lo studio presentato da Science, i bambini potranno tornare a giocare insieme «a patto che in ogni aula non siano troppo numerosi». E naturalmente il suggerimento principali per tutti è di favorire le lezioni all’aperto.
Per quanto riguarda la questione mascherine, sicuramente gli esperti di Science ne raccomandano l’utilizzo. «Per me, le mascherine fanno parte dell’equazione per rallentare la diffusione di Covid-19 nelle scuole, specialmente quando il distanziamento è difficile», ha dichiarato Susan Coffin, medico di malattie infettive all’ospedale pediatrico di Filadelfia. «Le goccioline respiratorie sono una delle principali modalità di trasmissione del virus».
Se sull’importanza di indossare i dispositivi di protezione gli esperti non hanno dubbi, dall’altra partenza resta l’incognita del comportamento da adottare nelle scuole in caso di contagi. «La risposta è breve: nessuno lo sa», precisa Science. E sottolinea: «Ce l’avremo solo dopo che si sapranno i risultati di due studi in corso in Germania e nel Regno Unito che hanno affrontato questo problema in modo sistematico: tamponi ai bambini delle scuole e ai loro familiari, e dosaggio degli anticorpi».
I dati mostrano infine come siano molto pochi i casi di contagio grave tra gli insegnanti, ad eccezione della Svezia che però non ha chiuso le scuole nemmeno nel momento di massima diffusione dell’emergenza nel Paese. Di fatto, come ripetono gli epidemiologi della London School of Hygiene &Tropical Medicine il rischio che la scuola sia un pericolo per la comunità è molto basso. «Almeno quando i tassi di infezione locale sono bassi, l’apertura delle scuole con alcune precauzioni non sembra causare un salto significativo nelle infezioni altrove».
I grandi esclusi dalla ripartenza sono sicuramente i bambini dei Paesi in maggiore difficoltà economica, come India, Bangladesh e Filippine che hanno già annunciato che le scuole resteranno chiuse fino alla fine della pandemia o all’arrivo del vaccino.
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