Eutanasia, tre italiani su quattro sono favorevoli
In Italia, l’eutanasia, la morte «dolce», è ancora illegale. Eppure ben tre italiani su quattro sarebbero favorevoli alla pratica. Lo dimostra un’indagine Eurispes, che fotografa anche il progressivo cambio di mentalità, sulla questione, dal 2015 al 2020: se cinque anni fa la percentuale dei connazionali a favore dell’eutanasia era del 55,2%, oggi è salita al 75,2%. D’altra parte, gli altri Stati europei hanno già adottato politiche che promuovono l’accesso alla «buona morte»: in Francia, ad esempio, l’eutanasia potrà essere praticata anche a domicilio, con la somministrazione di sedativi da parte dei medici di base.
D’altra parte, all’Associazione Luca Coscioni, che si occupa da anni della legalizzazione dell’eutanasia, dal 2015 sono arrivate circa 900 richieste di persone che chiedevano un aiuto per una fine dignitosa. «È solo la punta dell’iceberg di una realtà sociale che, con l’innalzamento della durata media della vita, è sempre più consistente ma è trattata con indifferenza dalla politica ufficiale dei partiti», ha spiegato Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. «A nulla è valso l’esplicito richiamo della Consulta al Parlamento, che fino ad ora non ha fatto altro che qualche audizione di esperti per prendere tempo, senza nemmeno arrivare alla formazione di un testo base su cui incardinare un dibattito sul tema, vista la contrarietà dei capi di tutti i partiti, di centro, di destra e di sinistra, “populisti” e non, da Zingaretti a Salvini, da Meloni a Crimi».
Ma risale a novembre un importante passo avanti: una rivoluzionaria sentenza della Corte Costituzionale, che nello scorso novembre ha legalizzato l’accesso al suicidio assistito (che differisce dall’eutanasia perché a togliersi la vita è il soggetto stesso) quando sussistono quattro «criteri oggettivi». In particolare non è punibile «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
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