25 aprile, Carla Nespolo: «Non smettiamo di raccontare la Resistenza»
«Resistenza, come dice la parola stessa, è opporsi alla mancanza di libertà, alla violenza, alla mancanza di giustizia sociale». Carla Federica Nespolo, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, la Resistenza l’ha vissuta da piccolissima, aveva solo due anni. Ma la ricorda nelle parole della sua famiglia antifascista. Nei racconti di suo zio, comandante partigiano. Nei ricordi di sua nonna «che non si era mai voluta iscrivere al partito fascista e tutte le volte che veniva il Duce a Genova, dove lei abitava, la mettevano in prigione. Pur essendo una vedova con tre figli piccoli. Di questa memoria è importante che ci sia racconto».
Da quel 25 aprile 1945, scelto simbolicamente come giorno della Liberazione di tutta l’Italia dall’opposizione nazi fascista, di anni ne sono trascorsi settantacinque. Questo è il primo in cui non si potrà scendere in piazza a cantare e celebrare quel momento storico. Il primo anno in cui la piazza della Liberazione sarà tutta virtuale. «Dobbiamo far funzionare il cuore e i ricordi. Non dimentichiamo mai che il 25 aprile 1945 è Festa nazionale».
Se pensa alla Resistenza quale immagine le viene in mente?
«Penso alla lotta che fecero i partigiani nelle montagne e nelle colline, nelle città. Penso anche al contributo di tante persone disarmate: prima di tutto le donne che sostennero moltissimo la lotta di liberazione, per esempio facendo le staffette. Portavano armi, comandi, ordini, suggerimenti. Penso ai contadini che nelle campagne nascondevano i partigiani, li sfamavano, li rivestivano. Penso agli operai che difesero le fabbriche, fecero gli scioperi. Penso ai parroci che stavano vicino alle loro comunità, ai medici che curavano di nascosto i feriti, penso agli internati militari. La resistenza ha avuto tanti volti ma tutti popolari».
Perché, secondo lei, molti giovani subiscono il fascino dell’estremismo di destra?
«È importante che ci sia memoria nelle famiglie e nelle scuole si continui a raccontare. Se questi ragazzi sapessero cos’è stato davvero un campo di concentramento non sarebbero così affascinati da certe ideologie. Oggi in una società complessa come la nostra è risorto il razzismo che è la base di ogni fascismo ma io sono fiduciosa del fatto che queste persone siano una minoranza».
Cosa possiamo fare per arginare questa situazione?
«Noi democratici dobbiamo fare uno sforzo per raccontare la storia com’era e chiedere a questi ragazzi se a loro sarebbe piaciuto davvero vivere ai tempi di Hitler, quando a una ragazza solo perché ha distribuito dei volantini antifascisti è stata tagliata la testa».
Oggi c’è chi accosta la parola Resistenza alla battaglia al coronavirus.
«Non farei questo parallelismo, in quegli anni c’era un governo con un esercito terribile, c’era il nazismo. Oggi c’è un nemico sconosciuto e invisibile, altrettanto terribile ma che dobbiamo combattere con le armi della scienza e della conoscenza. Vedo un altro parallelismo».
Quale?
«Nei momenti estremi, com’è stata la guerra e com’è oggi per noi la pandemia, bisogna in qualche modo far venire fuori la parte migliore della nostra umanità, spero che quando sarà tutto passato, ci sarà più solidarietà tra le persone e maggior rispetto per l’ambiente. Un mondo più naturale, pulito e trasparente è anche più libero. Rinunciamo al superfluo e guardiamo alla qualità della vita, dell’aria, dell’acqua, delle relazioni tra persone. Spero che potremo imparare da questo momento e diventare migliori».
Come sarà il suo 25 aprile?
«Con Anpi saremo in diretta sui social con diversi interventi e alle 15 canteremo Bella Ciao dal nostro balcone e spero che da tutte le finestre escano tante canzoni della resistenza, così come tanti video. Dobbiamo unire la tecnologia e le nuove forme di comunicazione che abbiamo, alla memoria. E custodirla».