Giorgio Corno: «A Bergamo vivrà sempre l’orgoglio per ciò che tutti abbiamo fatto»
Tra le città colpite al cuore dalla pandemia da coronavirus c’è Bergamo. Ferita, ammutolita, per giorni e giorni ha avuto come unica colonna sonora dei pomeriggi invernali la sirena delle ambulanze. Una città drammaticamente messa alla prova dall’emergenza e dal dolore, ma che non ha mai perduto la sua forza, la determinazione nell’impegno, l’orgoglio.
Giorgio Corno è uno degli imprenditori che ne rispecchiano a pieno lo spirito. Titolare della DiF, società per azioni che dal 1957 si occupa della distribuzione di giornali nelle edicole di Bergamo e provincia, si è trovato a dover gestire un’emergenza senza precedenti. Lo ha fatto con tenacia, spirito di sacrificio, impegno civile, le stesse motivazioni che hanno spinto anche i suoi figli a mettersi a disposizione del comune – in queste settimane cruciali – come volontari nella protezione civile.
Ci racconta quanto incredibilmente complicato sia stato poter assicurare un servizio, apparentemente banale in tempi normali, come quello della distribuzione della carta stampata nelle edicole. «In azienda siamo circa 150 persone, tra dipendenti e collaboratori e abbiamo avuto chi si è ammalato ed è rimasto in quarantena, mentre clienti storici, ovvero le edicole, erano alle prese con grandi sacrifici e con la necessità di un approvvigionamento di merce puntuale, che anche nei momenti più critici di questa epidemia spettava a noi fare», spiega. «Ci sono stati giorni complicatissimi: in pochi, abbiamo veramente dovuto fare dei salti mortali per gestire la struttura di trasporto, una delle componenti fondamentali del nostro lavoro».
In mezzo a tutto ciò, la necessità di gestire anche la paura di ammalarsi e di adottare misure per sentirsi il più possibile in sicurezza.
«Un po’ tutti, qui, abbiamo amici che sono ancora oggi intubati o amici che non ce l’hanno fatta. Ma la paura provoca nelle persone diversi tipi di reazione e quella prevalente è stata il volersi impegnare comunque per portare avanti la propria famiglia, per non abbandonarsi all’oblio e a questo senso di paura, anche se l’attenzione a rimanere a casa, all’uso delle mascherine e dei guanti, all’igiene delle mani è sempre altissima. In azienda, per esempio, siamo tutti distanziati, bardati, se ci incrociamo in un corridoio si passa a distanza di tre metri l’uno dall’altro… un po’ surreale, ma è per tutti fondamentale il rispetto della salute, propria e altrui».
Alla DiF ancora oggi l’emergenza continua, si lavora al di sotto delle forze necessarie pur di portare l’informazione cartacea ai lettori che, peraltro, «in questo periodo sono davvero numerosi e ciò farà sprecare meno tempo ai vari professionisti della salute e dell’informazione, costretti a “smontare” le fake news in tv!», precisa Corno, con una punta di soddisfazione. «Leggere e informarsi attraverso riviste autorevoli serve ad assicurarsi un’informazione “vera”», sottolinea.
A Bergamo e dintorni, però, non tutte le edicole sono ancora operative. I punti vendita aeroportuali di Orio al Serio sono chiusi, così come l’edicola all’interno dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII°, luogo centrale nella gestione dell’emergenza bergamasca e “blindato” già da settimane. Anche per far fronte a questa condizione, Giorgio Corno si è fatto promotore con la sua azienda di una iniziativa di grande valore: «Quando abbiamo saputo che Vanity Fair aveva realizzato un numero speciale destinato a una raccolta fondi per il Papa Giovanni XIII°, dedicando peraltro la copertina a una pneumologa di quest’Ospedale che è un’eccellenza e lo sta dimostrando in tutti i modi possibili, abbiamo deciso di aggiungere il nostro contributo alla donazione acquistandone 1000 copie e distribuendole all’interno dello stesso nosocomio, sia tra gli operatori che tra i degenti», racconta. «Rimanere 10 giorni in terapia sub-intensiva è una cosa bruttissima e, sembrerà banale, ma avere un giornale da sfogliare permette davvero di riconquistare un’ora di serenità».
Impegnarsi attivamente, quando possibile, per rispondere a tutte le esigenze e a tutte le necessità sociali è diventato il leit motiv della vita quotidiana dei bergamaschi. «Dappertutto prevale un grande senso di orgoglio. I bergamaschi sono fieri della propria terra e nonostante siano stati sotto un attacco pazzesco a causa di questo virus, in qualche modo hanno reagito. Basti pensare agli industriali, che hanno convertito la produzione e si sono messi a fare mascherine, o all’impresa compiuta nella fiera di Bergamo, che in 8 giorni di lavoro è stata allestita e trasformata in un vero e proprio reparto dell’ospedale, grazie al lavoro degli alpini, aiutati dai tifosi dell’Atalanta».
Di tutto questo spirito di sacrificio, di questa grande determinazione nel voler comunque reagire, cosa resterà negli animi dei bergamaschi quando la tensione si sarà allentata?
«C’è chi ha visto con i propri occhi i camion arrivare due volte alla settimana per prelevare le bare al cimitero di Bergamo. E non ha potuto fare a meno di piangere di fronte a quest’immagine estremamente drammatica che ha un impatto ben diverso rispetto alla tv e che rimarrà dentro i cuori per sempre. Di fronte a tutte queste emergenze, a questi aspetti drammatici della nostra esistenza, il prossimo periodo si passerà sicuramente a riflettere sul senso della vita. Conterà la sopravvivenza e non l’interesse per falsi problemi. Poi, nel tempo, è logico, la vita quotidiana tornerà quella di prima, ci si dimenticherà un po’ di quello che è successo, ma rimarrà sempre l’orgoglio per ciò che tutti abbiamo fatto, insieme al pensiero delle migliaia di concittadini che non ci sono più».
Oggi, a pochi giorni dalla Pasqua, la città di Bergamo sente forte il desiderio di “normalità”. Si comincia anche qui a pensare a una ripresa, nonostante le difficoltà e le tante incertezze collettive. «La Lombardia è una regione particolare in tutti i sensi. È sempre stata operosa, forte economicamente, confido nelle sue capacità di ripresa senza danni eccessivamente gravi, come potrebbero invece esservi in altri luoghi», dice l’imprenditore. «Credo che in questo momento il sogno prevalente di gran parte delle persone sia quello di poter andare al mare. La quotidianità ha anche una sua componente onirica e in questo momento, logicamente, si traduce nel desiderio di un viaggio, di una cena, di un incontro con gli amici, l’evasione in generale, perché questa è la vita normale a cui tutti aspiriamo, nonostante il dramma che stiamo vivendo. Vuole sapere per esempio qual è, in questo momento, la mia idea di “normalità”? Pensare a quando potrò finalmente tornare dal mio barbiere per farmi tagliare i capelli!».