Supermercato chiuso per Covid-19: «Siamo in un limbo, mancano linee guida»
Gianni è responsabile al supermercato di via Vigevano a Milano, chiuso questo sabato, 21 marzo, perché un dipendente è risultato positivo al Covid 19. «Chiusura temporanea dell’attività per riscontrato caso di contaminazione di un collaboratore», dice il cartello sulla serranda. Ora Gianni è a casa in attesa di sapere quando potranno riaprire e tornare al lavoro. «Abbiamo bisogno di linee ufficiali», dice, ma per ora non hanno saputo niente. Come è stato lavorare in queste settimane di emergenza? Com’è andare a lavorare ogni giorno sapendo di essere una categoria più esposta al contagio? Ce lo ha raccontato qui.
Tu come stai?
«Sto bene, ora sono a casa con la mia compagna, mio figlio di 13 anni e anche un collega che è meglio non torni a casa perché ha la compagna immunodepressa. Dorme in camera di mio figlio e mio figlio si è sposatato sul divano, ci organizziamo come possiamo. L’azienda in realtà ha messo a disposizione un appartamento libero per lui, ma non si sentiva di stare completamente da solo, e poi così ci facciamo compagnia nella quarantena».
Come è successa la chiusura?
«Il nostro collega ha avuto i primi sintomi di febbre una decina di giorni fa, è stato a casa subito e il 112 gli ha detto di tenere monitorata la febbre e di vedere se si abbassava con degli antipiretici. Poi questo giovedì si è fatto ricorverare e sabato è arrivato il risultato positivo del tampone. Appena abbiamo saputo abbiamo chiuso l’attività, abbiamo fatto uscire i clienti e tirato giù la serranda. Poi abbiamo scritto una mail alla Asl, sabato alle 13, ci hanno ricontattato per avere un numero di recapito, ma poi non abbiamo sentito altro. Nel frattempo abbiamo organizzato la sanificazione dei locali, e verranno oggi pomeriggio».
E adesso cosa farete?
«È quello il punto, non la sappiamo. La verità è che ci sentiamo in un limbo. Il locale è sanificato ma vorremmo sapere quali sono le linee guida dell’Asl: noi quando possiamo tornare? Dobbiamo fare un tampone? E poi forse vanno messe regole più ferre, per esempio che i clienti possano entrare solo con la mascherina. Per ora avevamo chiesto ai clienti di indossare i guanti e ovviamente avevamo l’ingresso scaglionato. Ma quali sono le misure giuste da tenere?»
Appena avete saputo che il collega aveva la febbre, ed era possibile che fosse Covid-19 visto che siete piuttosto esposti, non avete pensato di chiedere un tampone per tutti subito o di chiudere subito il supermercato per evitare di essere portatori inconsapevoli del virus?
«Non subito anche vista la giovane età del collega. Abbiamo adottato tutte le misure di sicurezza possibili – tutti noi lavoravamo con mascherine e guanti – e aspettato di capire se fosse un infezione normale o da Covid-19. Chiedere un tampone è ancora adesso molto lungo e complicato da richiedere».
Sapete che qualcuno di voi potrebbe essere malato, ma asintomatico?
«Non ne eravamo completamente consapevoli, seguendo le indicazioni del Ministero che diceva che farmacie e supermercati potevano restare aperti, e prendendo le dovute precauzioni, pensavamo di operare in modo corretto».
Avevate timore di ammalarvi?
«Per forza, ma come tanti che lavorano in un esercizio primario non ci siamo tirati indietro».
C’era la possibilità per voi di rifiutarsi di venire al lavoro?
«Sì, ci è stato data la possibilità di metterci in ferie o chiedere di non venire a lavorare, ma siamo venuti lo stesso».
Perché?
«Non so, per uno spirito di comunità, incoscienza, non lo so… È il nostro lavoro, in quella posizione serviamo tante persone e il non esserci può fare la differenza».
Come sono stati i clienti in questo periodo?
«Tante reazioni diverse. Il nostro supermercato è piccolo e qualcuno ci diceva in malomodo di spostarci per lasciare il metro di distanza tra le persone. In molti ci dicevano “chi ve lo fa fare?”, ma poi venivano due o tre volte al giorno per comprare poche cose, affollando inutilmente il locale solo per avere la possibilità di uscire. In alcuni casi lo abiamo fatto notare. Abbiamo anche avuto il momento in cui non riuscivamo più ad approviggionarci per il saccheggio di tanti e non è stato facile».
E qualcuno che vi ha detto grazie c’è stato?
«Sì certo, non in tanti, ma magari altri lo pensano, spesso basta uno sguardo scambiato in un certo modo».
Sei contento ora di essere a casa?
«Certo sono più sicuro, non esco nemmeno a fare la spesa, anche se nel paese dove abito il servizio on line non sta funzionando. Un negozio di suregalti manda piccole spese e qualche vicino si è offerto di portarcela. Però chi lavora nei supermercati come il nostro dove hai tanti turni lunghi, lavori anche le feste e le domeniche, avere tempo libero e non poterlo usare fa sentire un po’ inutili».