Consegna d’omicidio: il delivery ha ucciso il piacere dell’acquisto?
Mi ricordo che una volta esisteva il dubbio di fare acquisti online, non molti anni fa. Non ci si fidava a spendere dei soldi per un prodotto a scatola chiusa, senza averlo scelto di persona e tenuto tra le proprie mani. Ora invece esiste il dubbio di come si facesse a vivere prima di Amazon, prima delle APP che ti permettono di ordinare cibo di ogni tipo a domicilio e in generale prima di tutti quei siti e servizi online grazie ai quali puoi fare tutto senza muovere un dito. Cioè, muovendo le dita sullo schermo.
Ora sono le cose che vengono da noi. Ora è normale comprare prodotti a scatola chiusa, senza vederli dal vivo, senza provare di persona, senza toccare preventivamente con mano, lasciandosi guidare dalle recensioni degli altri clienti, da qualche foto a caso e dal numero di stelline, la stella polare dei nostri anni. Potremmo passare ore intere a confrontare nevroticamente le recensioni degli altri clienti prima di acquistare un prodotto, con l’obiettivo di fare l’acquisto più conveniente in assoluto, che alla fine comunque non ci soddisferà quanto ci aspettavamo. La consegna a domicilio di ormai qualsiasi desideriamo avere ci ha semplificato la vita, non c’è alcun dubbio, ma ci ha complicato l’esistenza, perché ha svuotato di significato le nostre azioni d’acquisto, rendendole asettiche e superficiali.
La consegna a domicilio ha commesso un omicidio. Ha ammazzato il gusto di andarsi a prendere personalmente le cose, muovendosi con il proprio corpo nella realtà reale, entrando in contatto con le persone, mettendo in gioco le proprie emozioni, che poi sono quel che rende davvero migliore un acquisto rispetto ad un altro. Siamo consumatori seriali, ma non seri. Tutta questa facilità d’acquisto e di possesso ci impedisce di prendere sul serio quello che acquistiamo e che abbiamo, di attribuirgli un valore intimo e personale, un valore romantico, perché una cosa vale l’altra se presa soltanto per quello che è. Una cosa rimane soltanto una cosa senza un investimento emotivo, prima che economico.
La consegna a domicilio ha commesso un omicidio. Ha ammazzato il senso delle cose materiali, perché tutto quello che acquistiamo online basandoci sulle recensioni degli altri clienti e che ci arriva direttamente a casa non ha una storia. È soltanto l’ennesimo prodotto che abbiamo aggiunto al carrello con un ridicolo click. Sono le storie a dar senso alle persone, sono le storie a dar senso ai luoghi, sono le storie a dar senso agli oggetti. Sono le storie a dar senso all’esistenza intera.
Mi ricordo il giorno che mia mamma mi accompagnò a comprare la mia prima PlayStation in un negozio, quando ancora non esisteva Amazon e le cose non ti arrivavano direttamente a casa. Mi ricordo tutto il tragitto in macchina, il momento in cui ho scelto con estrema cura la mia confezione tra tutte le altre esattamente uguali, mi ricordo il momento in cui il commesso ha controllato che ci fosse dentro tutto, il momento in cui mia mamma ha pagato, il momento in cui siamo usciti dalla porta automatica. Mi ricordo l’istante in cui mia mamma si è voltata verso di me, appena rientrati in macchina, ha sorriso perché sorridevo e mi ha detto «ora sei felice?» ed io ho soltanto annuito. Mi ricordo che mi stringevo la confezione contro al petto. L’ho tenuta stretta a me fino a casa. Ecco, in quella confezione non c’era soltanto la PlayStation, ma c’era tutto questo. Se mi fosse arrivata direttamente a casa, adesso, a riaprirla, non piangerei.