Dopo 13 anni torna a camminare grazie a una protesi stampata in 3D
Nel 2007, dopo un incidente stradale, aveva perso la funzionalità della gamba. Tredici anni dopo, torna a camminare. Un paziente di 57 anni, che era considerato non operabile a causa della severa alterazione anatomica della sua caviglia, ha subìto l’intervento di ricostruzione della caviglia intera, con una protesi su misura stampata in 3D. La tecnica innovativa è stata messa a punto e applicata con successo, per la prima volta al mondo, dai chirurghi ortopedici e dagli ingegneri dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e dell’Università di Bologna, coordinato dal Cesare Faldini, direttore della Clinica Ortopedica I.
Le fratture che distruggono la caviglia vengono provocate soprattutto da incidenti e da infortuni sul lavoro, e a subirle sono soprattutto pazienti giovani, che spesso, dopo un lungo e problematico percorso di cura, rimangono con gravi danni all’articolazione della caviglia: la mancanza di movimento e il dolore determinano una severa zoppia e la necessità di calzature ortopediche, che compromettono la vita di relazione e anche la capacità lavorativa. L’applicazione delle protesi articolari, in queste situazioni, è complessa perché le componenti protesiche sono progettate per articolazioni anatomicamente regolari. In caso di gravi traumi e di fratture, che modificano la forma articolare, l’intervento di sostituzione protesica è possibile solo in pochi casi. Negli altri, i pazienti rimangono privi dell’articolazione. L’intervento del Rizzoli rappresenta una innovazione assoluta.
«Una ricostruzione 3D ha permesso di ricavare un modello tridimensionale della gamba e del piede del paziente, tramite software e procedure sviluppati al Laboratorio di Analisi del Movimento del Rizzoli dal gruppo di ricerca dell’ingegner Alberto Leardini», fanno sapere dall’ospedale.
«Chirurghi ortopedici e ingegneri biomedici hanno poi simulato l’intervento chirurgico al computer, lavorando su forma e dimensione di ogni componente protesica per venire incontro alle caratteristiche anatomiche specifiche del paziente, fino a trovare la combinazione ottimale delle componenti di astragalo e tibia, le due ossa che compongono la caviglia. Una volta stabilita la geometria della protesi e il suo posizionamento ideale, è stato prodotto un corrispondente modello osseo e protesico in stampa 3D in materiale plastico, per le prove manuali finali. Raggiunto e verificato il risultato più soddisfacente sia per il chirurgo che per l’ingegnere, la protesi vera e propria per l’impianto finale è stata infine stampata in una lega di cromo-cobalto-molibdeno con la tecnologia Ebm (un fascio di elettroni che fonde strato per strato la polvere metallica)».
Per l’intervento chirurgico sono state utilizzate guide personalizzate, costruite sempre in stampa 3D e progettate sull’osso virtuale del paziente, che hanno permesso di rimuovere solo la esatta parte di cartilagine e osso accessori, risparmiando il tessuto osseo necessario per ospitare le componenti della protesi. Anche il percorso post operatorio è stato personalizzato: riportare in movimento un’articolazione bloccata da anni è stato complesso. Una complessa strategia che permette, finalmente, di aiutare pazienti per i quali fino ad oggi la chirurgia non poteva nulla.
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