Sì al Patto europeo sui migranti: ecco cosa potrebbe cambiare
Chi arriva in Italia arriva in Europa. È una forma di redistribuzione preventiva e automatica dei migranti quella proposta nel vertice europeo a Malta. Questa formula dovrebbe cambiare l’approccio dell’Ue nella gestione dei flussi migratori. Dovrebbe perché l’applicazione pratica è da vedersi e resta da capire se tutti o solo parte dei paesi dell’Unione la accetterà.
La richiesta è stata dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. Insieme a Malta, Francia e Germania la proposta è stata messa a punto e condivisa con la Finlandia, presidente di turno dell’Unione. Almeno 10 paesi sarebbero pronti a firmare secondo i calcoli fatti a La Valletta. Ci sarebbero Portogallo, Irlanda, Lussemburgo, Grecia e Spagna. Il mancato consenso ridurrebbe i contributi economici nei confronti dei paesi che non aderiscono.
Non sarà un consenso caso per caso, come negli ultimi mesi, dopo la direttiva del Viminale che chiudeva i porti, ma una formula stabile e automatica di distribuzione degli stranieri. Le quote fisse andranno fatte in base al numero di Paesi partecipanti e dovrebbe essere tra il 10 e il 25 per cento. Dovunque sia l’approdo in quattro settimane dovranno essere trasferiti. Saranno poi paesi di destinazione a gestire l’iter per il riconoscimento dello stato di profugo e l’eventuale rimpatrio.
L’assegnazione automatica dei migranti nei vari paesi europei di fatto nega e quindi scardina la base del trattato di Dublino quello che obbligava il paese europeo di primo ingresso a gestire i migranti fino alla decisione sulla richiesta di asilo, con accoglienza ed eventuale rimpatrio. È il sistema che ha spesso messo in grave difficoltà i paesi affacciati sul Mediterraneo, allungando i tempi di accoglienza e gestione degli stranieri arrivati.
Chi finora arrivava in Italia finora veniva registrato negli hotspot e attendeva nei centri di accoglienza l’esito della richiesta di asilo. Nonostante gli accordi con alcuni paesi africani i rimpatri erano sempre minori rispetto agli arrivi. Gli sbarchi avverranno secondo le regole internazionali del soccorso in mare nel porto sicuro più vicino, ma creando anche una rotazione fra più scali nel Mediterraneo. L’accordo non vale per gli sbarchi autonomi (quelli definiti fantasma e mai scomparsi), ma per quelli con navi delle Ong e ufficiali italiane.
Soddisfatta la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese: «Possiamo dire che l’Italia non è più sola nella gestione dei flussi migratori, sono molto soddisfatta della disponibilità mostrata dagli altri Stati a seguire una linea finalmente europea. E non era affatto scontato. Porteremo la bozza di accordo al Consiglio degli affari interni a Lussemburgo il prossimo ottobre e speriamo che aderiscano molti altri paesi. Non è un pacchetto chiuso, siamo aperti ad eventuali emendamenti, ma è la base per il superamento dell’accordo di Dublino».
Immediato e negativo il commento di Matteo Salvini. «Un consiglio al ministro Lamorgese, non si faccia prendere in giro, oggi ha sottoscritto un accordo che per l’Italia è una solenne fregatura» ha detto il leader della Lega, nel corso di una diretta Facebook. «Traduco dal politichese: gli immigrati sbarcheranno nel porto più vicino e la redistribuzione degli immigrati non prevede tutti gli immigrati che arrivano sui mezzi loro in Italia. Tradotto il 90% di coloro che sono sbarcati quest’anno in Italia sono sbarcati con mezzi propri: barconi, barchini, pedalò e sommergibili rimangono in Italia. Dove è il risultato?».
Il risultato c’è secondo il premier Conte e anche a evitare un aumento degli sbarchi. «C’è piena determinazione a evitarlo conservando un atteggiamento di estremo rigore. Non rinunciamo ad affermare il nostro diritto a regolare gli ingressi e combattere i trafficanti che alimentano i percorsi della morte» ha detto a Repubblica.
La via è quella della cooperazione con i paesi di origini e transito, Libia compresa, e il decreto sicurezza rimane. «Anche nel programma di governo abbiamo concordato di recepire le indicazioni di Mattarella, ma senza abbandonare uno strumento che consente di controllare le nostre acque territoriali: si entra alle condizioni che diciamo noi, quando e come decidiamo noi».