Carla Nespolo, presidente Anpi: «Il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani»
«Il primo frutto della lotta di liberazione è stato che le donne hanno potuto votare». Carla Nespolo non vuole che sia dimenticato quello che la lotta di liberazione ha fatto per le donne. Lo fa da una posizione speciale: è la prima donna a guidare l’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani, ed è anche la prima che una partigiana non è stata. È nata il 4 marzo del 1943. «Come Lucio Dalla», ci dice subito al telefono perché sa che è il primo pensiero che quella data porta alla mente. 1943 è anche l’anno dell’armistizio, l’anno della lotta contro i tedeschi che occupavano l’Italia.
Il 25 aprile del 1945 è la conclusione vittoriosa di quella lotta. Nelle sue parole «il 25 aprile è la radice della nostra democrazia». Negli anni è stata festa controversa quella della Liberazione e lo è ancora di più in questo 2019 in cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini non parteciperà alle celebrazioni a Roma ma sarà a Corleone per l’inaugurazione di un commissariato e solo parte dei membri del governo saranno alle manifestazioni.
Un 25 aprile diverso o sempre uguale?
«Ogni 25 aprile è diverso e uguale. È uguale perché è festa nazionale anche se c’è chi qualche anno fa ha tentato di cancellarlo. In realtà è la festa da cui deriva tutta la nostra organizzazione democratica fino a oggi: la Costituzione e lo stato democratico. È la festa della Liberazione in cui donne e uomini, partigiane e partigiani, scesero dalle montagne e dalle colline ed entrarono nelle città e le liberarono dalla presenza nazifascista».
Spesso è stata vissuta come festa di contrapposizione.
«Non è la festa che ricorda lo scontro fra fascisti e comunisti. Basta aprire un libro di storia per capirlo. È una festa che ricorda i partigiani che arrivarono nelle città accolti da quella popolazione che li aveva protetti, aiutati, nascosti, sfamati nei terribili 20 mesi della Resistenza in cui si erano opposti ai nazisti che non volevano lasciare l’Italia dopo l’armistizio e ai fascisti loro complici. Fu il popolo italiano, furono i partigiani e le partigiane in armi e quanti li avevano sostenuti che salvarono l’onore dell’Italia e della patria».
In che cosa il 25 aprile è diverso ogni anno?
«Il nuovo è che ci sono sempre meno partigiani e partigiane viventi e che dobbiamo diventare noi i testimoni dei testimoni. Non mi nascondo che c’è un risorgente fascismo nel nostro paese. Non è che non ci fosse prima, è che non osava uscire sfacciatamente allo scoperto come oggi perché si sentono protetti da alcune forze politiche. Sdoganare i fascisti è una scelta pericolosa e un oltraggio alla nostra repubblica che è antifascista».
Lei era una neonata negli anni della Resistenza. Non è una testimone diretta.
«Sono di famiglia antifascista. Nella mia famiglia ci sono stati partigiani. Il fratello di mia madre è stato vice-commissario della divisione che operava tra il Piemonte e la Liguria, ma ci sono anche antifascisti del ventennio precedente al 1943. Tante persone sono finite in carcere e al confino in quegli anni. Questa è la mia storia familiare, ma anche quella che ho studiato e che portiamo nelle scuole come Anpi. Dobbiamo attrezzarci a diventare sempre di più i partigiani dei partigiani».
È anche la prima donna a guidare questa associazione.
«È una responsabilità e un onore essere la prima presidente donna dell’Anpi. È vero anche che non subito la storiografia ha compreso il ruolo delle donne nella Resistenza. Tutti i partigiani viventi dicono che se non fossero state le donne, non ci sarebbe stata possibilità di vittoria per quel popolo spesso male armato e con pochi rifornimenti. Erano donne a fare le staffette a portare ordini, armi e cibo, a curare, nascondere, rivestire».
E oggi le donne in che situazione sono secondo lei?
«Oggi il problema fondamentale è che non è attuata pienamente la nostra Costituzione, quella costituzione che dice all’articolo 3 che ci devono essere discriminazioni di sesso, razza e religione. C’è chi vuol farci tornare indietro. Penso all’orribile Convegno di Verona a cui hanno partecipato tre ministri, gli stessi tre che non troveremo nelle piazze del 25 aprile».
Lei dove sarà?
«Sarò a Milano alla manifestazione nazionale dell’Anpi, ma ricorda che ce ne saranno migliaia in ogni città e paese organizzate con istituzioni locali. Spiace il caso di Pavia in cui il prefetto non ha accettato Piero Scaramucci, 82 anni, ex direttore di Radio Popolare, come oratore. Chi pensa di festeggiare il 25 aprile prescindendo dalle associazioni dei partigiani, dei deportati, dei perseguitati politici vuole farne un rito stanco e noi a questo ci opporremo sempre. Apprezzo molto quello che ha detto in questi giorni il presidente della Camera Fico sul 25 aprile, sull’antifascismo e sulla Costituzione, come apprezzo il presidente della Repubblica. Prendo atto invece che ci sono dei ministri che hanno votato su questa Costituzione e che nei fatti non la rispettano».