Vettel vs Max, Vale vs Marquez La lezione F1 al far west in pista
Sergio ArcobelliQuella tra Sebastian Vettel e Max Verstappen e tra Valentino Rossi e Marc Marquez è una storia che potrebbe ispirare un regista o un romanziere. Ma nemmeno il più audace sceneggiatore, magari un Quentin Tarantino di turno, avrebbe potuto scrivere un copione così hollywoodiano per un duello a spade katana stile Kill Bill, tanto per citare uno dei capolavori del regista statunitense. Come ogni storia d'amore o, come in questo caso, di profondo odio e rancore tutto ha avuto inizio con un contatto di gara che, in seguito, ha visto uno dei contendenti utilizzare parole forti e toni un po' minacciosi nei confronti del colpevole di turno. "È un idiota". "È un bastardo". Già. Basta davvero poco, anche un vaffa di troppo, per scatenare l'Apocalisse."È un pazzo, ha centrato Rosberg come un idiota". Non usò mezzi termini nel suo team radio Max Verstappen, quando Sebastian Vettel prese in pieno il malcapitato Rosberg al via della partenza della Malesia nel 2016. "Max? Meglio non commentare" tagliò corto Seb. Un ragazzino che accusa di negligenza e imprudenza un quattro volte campione del mondo? Roba da matti."Mi copia i sorpassi, deve darmi dei soldi quel bastardo!". Così Valentino, prima di salire sul podio, apostrofò scherzosamente la matricola spagnola per il sorpasso aggressivo subìto al Cavatappi - fotocopia di quella di Rossi su Stoner nel 2008 - ad opera di Marquez a Laguna Seca nel 2013. Da lì in poi, come è oramai noto a tutti, sarebbe poi incominciata la Battaglia dei bastardi prendendo in prestito l'epico scontro della ormai celebre serie tv campione di incassi del Trono di Spade -. Un clima di guerra tra il decano del Motomondiale e l'erede al trono legittimo senza esclusione di colpi bassi e non ancora finito.Al contrario di quanto succede tra Vettel e Verstappen. Perché almeno il non sempre tranquillo Vettel, pensiamo alla ruotata rifilata un anno fa ad Hamilton con successive scuse dopo colloquio con il presidente Fia, Jean Todt, ha fatto tesoro degli errori passati e accettato che Max gli porgesse delle scuse - benché a malincuore, ovvio - dopo l'autoscontro di domenica scorsa in Cina. In Argentina, invece, non c'è stato nessuno sorriso finto e nessuna stretta di mano. Peggio. Uccio, l'amico del Dottore, ha suggerito allo spagnolo, che era andato al box Yamaha per scusarsi con Valentino, di andare altrove.E ora che accadrà? Chissà. Ma in tutta questa triste storia soltanto una cosa è certa. Ovvero che il Circus di F1 è molto più strutturato e maturo rispetto a quello a due ruote. Perché nel corso degli anni, la Formula 1 si è permessa di bacchettare i suoi eroi, da Fangio a Lauda, da Senna a Schumi e così via, quando questi alzavano i toni e la bagarre oltre il limite. E, chi più chi meno, incassava la ramanzina di team e vertici federali. Al contrario di quanto accade nel mondo delle due ruote, dove chi dovrebbe governare questo sport e gestire i team pare quasi succube e in balìa dei propri campioni. Infatti i boss di Honda e Yamaha hanno preferito diplomatici silenzi o frasi pilatesche e quelli federali e dell'organizzazione non hanno preso seri provvedimenti contro l'uno o l'altro.Risultato: il motomondiale è ormai un Far West, solo che tra cowboy volano pallottole... e le pallottole fanno molto male. img src=http://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/content_foto_node/public/foto/2018/04/15/1523780158-vettel-e-vestappen.jpg /