Il momento d’oro dei Måneskin, dal successo di Berlino al «New York Times» e Simon Cowell
Quando, nel 2018, Vanity Fair li mise in copertina, i Måneskin decisero di affrontare a muso duro gli scettici lanciando una provocazione chiara, legata all’infallibilità del tempo: «Vediamo se siamo meteore». Oggi, con la vittoria al Festival di Sanremo, il trionfo all’Eurovision Song Contest, l’attestato di stima di Miley Cyrus e un numero di stream più alto di quello dei Foo Fighters e dei Kings of Leon, si può dire tutto tranne che i quattro ragazzi romani siano delle meteore, e il bello è che siamo solo all’inizio. Dopo la performance live andata in scena a Berlino che ha accompagnato il loro sbarco su TikTok (parentesi, i follower sono arrivati a 2 milioni nel giro di poche ore), Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi e Ethan Torchio si godono il successo internazionale arrivando, senza troppo sforzo, alle prime pagine del New York Times, che ha dedicato loro un servizio ricchissimo chiedendosi se la band, dopo l’exploit di Rotterdam, sia ormai pronta a conquistare il mondo.
I numeri sono dalla loro parte – ad oggi Zitti e Buoni, la canzone che ha segnato il loro successo nel mondo, è stata ascoltata su Spotify oltre cento milioni di volte – e, stando quanto anticipa il Times, anche i pezzi grossi ci stanno mettendo del proprio. Per il giornale, dopo l’addio alla manager Marta Donà, i Måneskin potrebbero affidarsi, infatti, a un agente di tutto rispetto come Simon Cowell, celebre produttore discografico «responsabile» del successo dei One Direction e ideatore di diversi format internazionali di successo come X Factor e Got Talent. La notizia, naturalmente, non è stata né confermata né smentita dai diretti interessati, anche se di certo non stupisce che il gruppo abbia attirato l’attenzione di un visionario come Cowell. Il Times, d’altronde, spiega che è molto comune che gli artisti che partecipano all’Eurovision scompaiano dal radar appena finita la manifestazione, ma i Måneskin sono il classico esempio di come l’eccezione confermi la regola.
Grazie al loro carisma, a un album di rara potenza come Teatro d’Ira – Vol. 1, e la battaglia inclusiva celebrata nel Pride Issue di Vanity Fair, i Måneskin dimostrano di avere tutte le carte in regola non solo per sfondare, ma anche per far sì che il successo resti stabile nel tempo. La dirompenza nel divorare il palco, l’eleganza nel rispondere ad accuse infamanti sull’uso di droga alla finale dell’Eurovision, e un’umiltà che sembra andare in controtendenza rispetto ai rocker dannati di ieri, rendono il gruppo un unicum da studiare, vicino a canoni apparentemente provocatori – dai tacchi alti all’eyeliner scuro – ma lontanissimo nella sostanza e negli eccessi. I confini nazionali, che già avevano sfondato dopo il secondo posto a X Factor nel 2017, sono ormai stati espugnati: dal successo di Zitti e Buoni alla riscoperta di alcuni loro vecchi cavalli di battaglia come Chosen, i Måneskin guardano oltre. Se sarà Cowell a rappresentarli lo scopriremo solo più avanti ma intanto, da italiani, non possiamo che essere orgogliosi di questi quattro ragazzi che stanno portando alta la nostra bandiera conquistando una scena musicale che, per troppi anni, è stata solo ad appannaggio di altri.