La regina Elisabetta e l’intimità del dolore: le lacrime (da sola) al funerale del principe Filippo
Ha conservato il suo incrollabile aplomb, vivendo il dolore in forma estremamente privata, intima. Complici le rigorose restrizioni anti-contagio, la regina Elisabetta è stata da sola per quasi tutta la durata del funerale del principe Filippo, suo marito per oltre 73 anni: prima ha seguito la processione sul sedile posteriore della sua Bentley, poi – una volta entrata in chiesa – si è isolata all’estremità anteriore del coro, vicino all’altare.
A catturare l’attenzione, il gesto con cui si è asciugata gli occhi mentre – a bordo della sua automobile – osservava da dietro il feretro del marito: «Le lacrime di Sua Maestà», hanno esclamato i tabloid. Poggiando l’attenzione pure sulla meravigliosa spilla di perle e diamanti: si chiama Richmond, è un regalo di nozze della nonna – la regina Mary – ed Elisabetta l’ha indossata in occasione di tanti appuntamenti ufficiali al fianco di Filippo.
Tenerezza e dignità per Lilibet, com’era solito chiamarla il marito. Che è riuscito a far colpo su di lei già al primo incontro ufficiale: luglio 1939, college navale di Dartmouth, lui aveva 18 anni ed Elisabetta 13. Da quel giorno iniziarono una regolare corrispondenza, incoraggiata dallo zio di Filippo, Lord Mountbatten, ma la relazione si diventò seria soltanto dopo la guerra, con l’invito nella residenza reale di Balmoral nell’estate 1946.
Si fidanzarono ufficiosamente, l’annuncio formale venne ritardato fino ai 21 anni della futura regina: lei – appunto – era una giovanissima principessa, lui un ufficiale di Marina che nel frattempo era diventato suddito britannico naturalizzato, rinunciando al suo titolo reale greco. Il 20 novembre 1947 si celebrarono le nozze nella solenne Westminster Abbey, a Londra, primo fotogramma di lunghissimo – e iconico – matrimonio.
Un film meraviglioso che la regina potrebbe aver ripercorso rapidamente durante il suggestivo minuto di silenzio osservato in tutto il Regno Unito. E che lei ha vissuto da sola, con la testa china. Nel rispetto più totale dell’intimità del dolore.