Lessico famigliare
Questo articolo è pubblicato sul numero 48 di Vanity Fair in edicola fino al 1 dicembre 2020
Non si fida facilmente, o forse per niente. Le precauzioni di Maya Hawke prima di ogni incontro hanno poco a che fare con le restrizioni imposte dall’emergenza Covid-19, a cui comunque si è attenuta più che scrupolosamente per il debutto alla Mostra del Cinema di Venezia, per il film di Gia Coppola Mainstream, passato poi anche alla Festa del Cinema di Roma. Con le braccia attorno alla vita e lo sguardo a tratti assente potrebbe passare per snob, come molte figlie d’arte, ma la primogenita di Uma Thurman ed Ethan Hawke (ha 22 anni) prova solo a proteggersi. «Ho sempre avuto il terrore», confessa un po’ in imbarazzo, «di non raggiungere mai il mio potenziale, di non essere all’altezza delle aspettative. Detesto l’autoindulgenza e soffrirei moltissimo se non riuscissi a essere la figlia, la partner, la madre e l’artista che vorrei essere e diventare».
Potrebbero sembrare paranoie infondate, ma non lo sono: «A scuola», ricorda, «ho sempre preso voti bassi perché sono dislessica e ho problemi a scrivere. Tutta la mia istruzione è passata per gli audiolibri, non riuscivo a fare i compiti a casa in maniera tradizionale e con i temi me la cavavo talmente male da dover eccellere nelle interrogazioni. Ho dovuto imparare ad articolare pensieri ed emozioni ad alta voce per compensare le altre lacune».
Da ragazza non pensava affatto di seguire le orme dei genitori: «So di essere una privilegiata, perché ho accesso immediato a un campo, il mondo dello spettacolo, attraverso strumenti e informazioni che ho assorbito da piccola, con un linguaggio che mi è familiare. Ma non basta: fare il salto, metterti in gioco, rischiare? Per me è stato difficile, nonostante abbia genitori fantastici e comprensivi, che mi hanno sempre mostrato la via della libertà, soprattutto attraverso i film indipendenti. La mia più grande paura è proprio di perderli, di vederli ammalarsi, e di questi tempi ovviamente il timore si amplifica. Per fortuna ho visto che l’Italia ha reagito più o meno come New York e, dopo la prima ondata di coronavirus, ha preso precauzioni. E mi commuove l’idea che Venezia abbia dato un messaggio forte, celebrando il cinema in tutte le sue forme e in ogni modo possibile, in sicurezza per tutti. Volevo esserci a tutti i costi perché Mainstream è il primo film che presento al Lido e ne vado fiera. Finora sono venuta solo per accompagnare papà alla première di Before Midnight, ma ero più piccola, stavolta è tutta un’altra cosa».
Maya Hawke, con quasi tre milioni e mezzo di follower su Instagram, è una delle voci più ascoltate della sua generazione, grazie soprattutto alla partecipazione alla serie cult di Netflix Stranger Things, «un progetto pazzesco che unisce umorismo e stile in un mondo tutto suo. Entrare a far parte di questo progetto incredibile, con un team già coeso e pronto a incoraggiarti su tutto, è stata una benedizione. Di solito quando arrivo su un set ho sempre il timore di abbracciare un’idea che poi naufraga. Stavolta no, sono salita a bordo totalmente rilassata».
Le insicurezze e i dubbi l’hanno accompagnata fin dall’inizio del suo viaggio nello showbusiness, anzi, prima ancora che iniziasse: «Se ricevi tanto dalla vita», dice, «senti il dovere di restituire qualcosa, di diventare la migliore versione di te stessa, ma io onestamente non sapevo come, mi sentivo sempre disorientata e persa da ragazza. Poi ho avuto al liceo un’insegnante di teatro sperimentale, Laura, che per la prima volta mi ha dato un posto a cui appartenere, dove sentirmi non più sola ma tra simili, e persino capace. Sì, capace perché per la maggior parte del tempo mi sono sempre considerata non all’altezza e quindi a disagio con me stessa. Lei mi ha fatto capire che sbagliavo, che meritavo di essere lì, tra persone che mi capivano e mi stimavano e ora, finalmente, mi sento serena di fronte alla macchina da presa».
Da purista dell’arte qual è, però, ha ancora molte riserve: «Prendi le serie tv in cui gli sceneggiatori leggono i commenti online dei fan e a volte adattano l’evoluzione della storia in base ai gusti del pubblico e persino alle preferenze di una coppia rispetto a un’altra, allora mi chiedo se il processo creativo venga compromesso e inquinato. Resta comunque fiction, quindi la contaminazione è prevedibile ma io cerco di mantenere un animo aperto, curioso, provocatorio perché non voglio compiacere gli altri per quieto vivere».
Ecco, allora, il cuore della faccenda, i social media di cui tanto parla in Mainstream: «A me hanno dato la sensazione di avere un grande potere, mi permettono di controllare la storia che voglio raccontare senza esserne travolta. Basta una foto per capire come sei: io, per esempio, a un posato da tappeto rosso preferisco un’espressione buffa da dietro le quinte, perché non mi piace prendermi molto sul serio. Non ho velleità di diventare un personaggio o una celebrity, mi basta restare fedele a me stessa e creativa. E questo film mi sembra una metafora potente della nostra società, una sorta di fiaba dark come quelle dei fratelli Grimm, che mostra il lato oscuro della Rete». La storia racconta una serie di compromessi a cui la ventenne Frankie (Maya Hawke, appunto) cede dopo la morte del padre, attirata dalle promesse di diventare una star del web e accecata dall’adorazione dei fan. «Per me è la storia di come una ragazza prenda in mano il proprio destino, di come si perde e di come riesce a ritrovarsi, e finalmente nel darle voce mi sono sentita più leggera e sicura anch’io».
Il prossimo passo sarebbe un bel film con i genitori, ma lei tentenna: «Mi piacerebbe molto lavorare con loro, perché sono due persone incredibili, ma non voglio sottovalutare la magia del cinema. Meryl Streep ha detto che sarebbe come barare: quando conosci il tuo collega di set da sempre tutto diventa facile e naturale in un’intimità già esistente, e quindi non si fa alcuno sforzo. Io non voglio “sfruttare” il rapporto con mamma e papà – che è fatto di tanto amore ma anche di rabbia – e, se dovesse capitare l’occasione, so che arriverà al momento giusto».
Faccia mainstream Maya Hawke, 22 anni, attrice, si è fatta notare nella terza stagione della serie tv di Netflix Stranger Things. Il suo ultimo film è Mainstream di Gia Coppola, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
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