Amanda Seyfried: «Non sarei stata una diva di Hollywood negli anni ’30»
Interpreta la diva Marion Davis Amanda Seyfried in Mank, il film che racconta la genesi di Quarto Potere, il film che valse l’Oscar a un giovanissimo Orson Welles grazie al lavoro sulla sceneggiatura fatto da Herman J. Mankiewicz, lo sceneggiatore interpretato in Mank da Gary Oldman.
Diretto da David Fincher, con la sceneggiatura lasciatagli dal padre Jack, il film arriverà (rigorosamente in bianco e nero) su Netflix il 4 dicembre, già pronto per una scalata agli Oscars del prossimo aprile.
Durante il junket internazionale abbiamo intervistato Amanda Seyfried che dalla veranda di casa ci ha raccontato quanto sia cambiata la condizione delle attrici in questi novant’anni che separano Mank dai giorni nostri:
«È triste ricordare le scarse opportunità che le donne avevano negli anni ’30. Erano così poche, in più Marion Davis era conosciuta per essere un’attrice, ma non tanto per il suo talento, che aveva, anche perché era molto divertente. Ma è sempre stata bellissima e versatile nei suoi film. Nonostante queste difficoltà credo abbia fatto il possibile, il suo massimo, con le opportunità che le sono state concesse.
Al giorno d’oggi viene ricordata per essere stata un’attrice di talento, e fortunatamente grazie a questo film ho avuto la possibilità di mostrare alcune dimensioni di lei che nessuno conosceva. Però è diverso, adesso le opportunità sono più semplici da ottenere per noi attrici, si è aperto tutto quanto, ed è davvero bellissimo».
Quanto è cambiata la Hollywood degli anni ’30 rispetto quella di oggi?
«Credo che ci sia sempre il discorso dei riflettori puntati, quella fascinazione che dipende sempre da dove provieni. Però no, non è più come era prima, in senso positivo. Non facciamo più, non so come un tempo, la maggior parte degli attori infatti pensa che possiamo essere noi stessi, mostrarci per quello che siamo veramente, anche in pubblico, credo».
Meno glamour e più realtà?
«Ovviamente ti vuoi tirare a lucido, professionalmente, vuoi essere pronto e vuoi anche sì apparire in un certo senso, ma al tempo stesso c’è molta meno pressione rispetto agli anni ’30, Anche per indossare i tacchi e camminare per strada. Non sono mai stata quel tipo di persona, e sono felice che questo tipo di pressione non ci sia più, neanche per me, quella forzatura di dover interpretare per forza una starlet».
Non si sarebbe trovata a suo agio in quella Hollywood quindi?
«Non credo che sarei andata alla grande negli anni 30, perché c’era davvero troppa aspettativa. Aspettative di apparire in un certo modo, indossare determinati abiti, è stato così per lungo tempo. Però davvero, mettersi un rossetto e sentirsi glamour è bellissimo, e in qualche modo ti pettina anche l’animo, però non è una cosa che si deve fare necessariamente tutti i giorni».