Telfar: la borsa economica, inclusiva, desideratissima… e sold out
Un nome non lo ha, glielo hanno dato i suoi fan. La Bushwick Birkin di Telfar – la Birkin di chi viene da Bushwick, quartiere creativo di Brooklyn famoso per la sua street art e simbolo della comunità nera – è vegana, genderless e super cool. A queste caratteristiche, che già da sole basterebbero a renderla appetibile, si aggiungono il prezzo (abbordabile) e la scarsità (nel numero di pezzi disponibili) a cui – come conseguenza naturale – corrispondono sold out istantanei e desiderio a mille.
Ciò che non si può avere, si desidera. È un meccanismo infallibile, in amore come nella moda. Ma il brand del liberiano-americano Telfar Clemens non è favorevole all’esclusività, non la crea intenzionalmente, anzi si autoproclama democratico e per tutti.
Ma facciamo un passo indietro, per capire meglio la storia del brand e l’origine di un fenomeno che non è soltanto fashion ma sociale.
«Telfar è una linea unisex fondata nel 2005 a New York City da Telfar Clemens e venduta a livello internazionale. It’s not for you — it’s for everyone. Non è per te, ma per tutti.» Con queste due righe il brand newyorchese si racconta nella sezione about del sito. Mentre la gif di Clemens applaude in un angolo dello schermo.
Non una novità, quindi, Telfar nasce nel 2005. Eppure rimane a lungo sconosciuto ai più, sebbene apprezzato da una nicchia di intellettuali, artisti ed esponenti dello streetwear newyorchese. Successivamente, in anni più recenti, l’ex dj originario del Queens comincia a farsi notare dagli addetti ai lavori d’oltreoceano.
È il 2017 quando – a seguito della vittoria ai CFDA/Vogue Fashion Fund – Vanessa Friedman titola sul The New York Times: A Lot of Fashion Insiders Say Telfar Is The Brand to Know. In Europa sbarca nel gennaio 2020, portando la propria collezione a Pitti Uomo 97 nell’area Special Project.
Ma ancora non è sufficiente. Nessuno prevede che di lì a poco Telfar diverrà un fenomeno di culto grazie a una borsa, una shopper semplice nel design, riconoscibile grazie al logo goffrato e tono su tono che, improvvisamente si trasforma in oggetto del desiderio a livello globale.
Improvvisamente, sì, e inaspettatamente, perché nemmeno la borsa è una novità, esiste dal lontano 2014, e qualcuno (di famoso per giunta) l’aveva già indossata. Tra le prime sostenitrici di Telfar Clemens c’è Solange, per la quale lo stilista crea nel 2017 l’abito per una performance al Guggenheim di New York. E la borsa, dal canto suo, era già stata avvistata non soltanto al braccio della cantante stessa (nel 2018), ma anche delle attrici Selena Gomez e Chloë Sevigny (nell’estate del 2019). Stiamo parlando di secoli fa, se si calcola il tempo con il sistema metrico della moda.
Ma il fenomeno Birkin Bushwick è una questione tutta del 2020, l’annus horribilis per quasi tutti, mirabilis per Telfar Clemens. Nel 2017, racconta GQ Us, si poteva entrare in un department store Century 21 di New York ed uscirne tranquillamente, in cambio di una modesta somma di denaro, con la tote bag in finta pelle in una delle tre taglie e dei molti colori.
Oggi la borsa costa ancora poco (da 150 $ nella misura più piccola ai 257 $ della grande), ma si è trasformata nel graal della moda, benedetta da quell’aura di sacralità alla Supreme grazie a quel mix di influencer marketing e hype generalizzato in grado di trasformare magicamente un paio di sneakers o una T-shirt in oggetti cult a forza di adorazione da parte dei clienti. Ma la popolarità della borsa Telfar non si spiega, almeno non del tutto, con l’effetto celeb che sarebbe potuto arrivare, come abbiamo visto, molto prima.
Il brand stesso interviene con una propria spiegazione al fenomeno: «La nostra borsa non è nuova, è il mondo che è cambiato», si legge in un post sul profilo Instagram di Telfar. E poi l’invito: «continuiamo a cambiarlo insieme».
Il messaggio di accessibilità e il mantra di «brand per tutti» hanno reso la shopper con due manici e tracolla un oggetto modaiolo democratico che in sé ha molto poco della tradizionale it-bag, e molto più del simbolo di appartenenza a una comunità. La Bushwick Birkin è il contrario dello status symbol che ostenta privilegio e ricchezza, è piuttosto vessillo di una orgogliosa minoranza.
È il prodotto di un brand fondato da un designer di colore e gay, in un periodo in cui il Black lives matter scuote (anche) il mondo della moda, e in cui i consumatori si interrogano sempre più sui legami tra shopping e giustizia sociale, ambientale e, non da ultimo, razziale.
Come afferma The Cut, che ha invitato un gruppo di sconosciuti possessori di Telfar Bag a posare per un servizio, la borsa è diventata un simbolo identitario per giovani creativi newyorchesi, in particolare queer e di colore. «Non è mai esistita una it-bag così prima d’ora».
Se poi la possiede anche Alexandra Ocasio Cortez (e ne parla persino nelle sue Instagram Stories), ecco che la consacrazione ha il marchio dell’intelligenza, della cultura, dell’impegno politico – molto più che se a indossarla fosse soltanto Bella Hadid che, pure, ne possiede una. La più giovane parlamentare mai eletta al Congresso degli Stati Uniti ha elogiato il brand, definendo Telfar Clemens un eroe del Queens, una persona in grado di usare il proprio talento per mettere in discussione le convenzioni e immaginare un mondo diverso.
Eccoci quindi a oggi, in questo difficile 2020 carico di dubbi, con una certezza: la Teflar bag va sold out nel giro di pochi minuti a ogni riassortimento sul sito. Tanto che il brand ha lanciato un security program per contrastare i bot programmati per farne piazza pulita e per permettere ai propri fan (quelli reali e in carne ed ossa) di acquistare la propria borsa al giusto prezzo e non gonfiato dai reseller. Il Telfar Bag Security Program, lanciato il 19 agosto e durato (ahinoi!) soltanto 24 ore, permetteva a tutti di pre-ordinare la propria borsa nelle dimensioni e colore desiderati per riceverla entro gennaio 2021.
Persa questa possibilità, non resta ora che iscriversi alla mailing list e sperare in un altro lancio sul sito. Perché da qualunque gruppo, città, quartiere, minoranza si provenga, il desiderio è comunque forte per un oggetto non soltanto bello ma anche importante per il messaggio che è in grado di trasmettere.