Da eroe a mostro e ritorno
E poi ci sono film che vanno visti anche se non ne parlano tutti, che comunque anche quello è un motivo sufficiente eh, ogni motivo è buono per andare al cinema secondo me. Ma Richard Jewell, ultimo film di Clint Eastwood, tratto da una storia vera, di motivi per essere visto ne ha moltissimi e il primo è che è un gran bel film.
La storia vera di Richard Jewell è questa. Durante le Olimpiadi del 1996 ad Atlanta, in Georgia, Richard era l’addetto alla sicurezza che a un concerto nel parco trovò uno zaino pieno di esplosivo nascosto sotto a una panchina e riuscì a far allontanare la folla salvando molte persone. Lo fece perché nel suo lavoro era parecchio zelante, forse troppo, tanto che aveva avuto problemi nei lavori precedenti, lavori sempre legati alla sicurezza, che era la sua passione. Voleva essere un poliziotto e si comportava da tale e anche un po’ di più. Ma quella volta aveva avuto ragione. Per un paio di giorni i media lo trattarono da eroe, poi l’FBI cominciò a sospettare che il colpevole dell’attentato fosse lui: che avesse messo la bomba per poi scoprirla e passare da eroe. Lo sospettarono per i suoi precedenti «zelanti» e anche perché in quanto trentenne obeso che viveva con la mamma gli sembrava un tipo strano. Non avevano elementi per accusarlo, solo pregiudizi, sospetti, che una giornalista del giornale locale riuscì a farsi raccontare e che pubblicò. E Richard divenne il mostro sbattuto in prima pagina: da eroe a mostro in due giorni. Senza prove, senza niente, solo pregiudizi, e uno storytelling irresistibile. Fu un calvario. Mesi chiuso in casa con la madre, assediato dalle telecamere. L’unico che lo aiutò fu un avvocato che aveva conosciuto in uno dei suoi lavori e che si fidava di lui. L’avvocato nel film è un magnetico Sam Rockwell e il suo personaggio, come quello del protagonista impersonato da Paul Walter Hauser, irresistibile. Così come quello della madre di Richard interpretata da Kathy Bates, che per questo ruolo ha ricevuto una nomination all’Oscar. Ma dovevano nominare Sam Rockwell: andate a vedere il film e poi mi direte.
L’unica cosa che non mi ha convinto di questo ottimo film è il modo in cui è stata disegnata la cronista dell’Atlanta Journal, Kathy Scruggs, interpretata da una bellissima Olivia Wilde nel ruolo della rapace e spregiudicata giornalista che offre sesso in cambio di notizie. Non mi convince non per motivi ideologici, ma perché in un film così bello e pieno di sfumature l’unico personaggio tagliato con l’accetta è proprio il suo: bella, ambiziosa e stronza. Kathy Scruggs oltretutto è morta a 40 anni per un’overdose di farmaci, quindi non può dire la sua su come andarono le cose. Così come è morto a 44 anni per complicazioni cardiache legate al diabete il vero Richard Jewell, per fortuna ormai pienamente riabilitato. Il vero colpevole fu trovato e lui divenne poliziotto, il suo sogno. Durato poco. Clint Eastwood invece ha novant’anni e questa è l’altra cosa pazzesca: la dimostrazione vivente che i novant’anni di oggi sono i nuovi settanta, se hai una salute di ferro e un cervello come il suo.