La pedagogista: «Le bambole no gender? Utili se saranno davvero regalate ai maschi»
«Esistono già bambole che non hanno genere, quelle calve, con il viso, le gambe e le braccia in plastica rosa e il corpo di stoffa. Il genere glielo attribuiamo noi vestendole». È il primo commento delle pedagogiste Elena Urso ed Elisabetta Rossini, autrici del libro I bambini devono fare i bambini, alla notizie che la Mattel ha lanciato sul mercato una nuova serie di bambole, la linea Creatable World, che non sono connotate: possono essere femmine, maschi o entrambe le cose. L’obiettivo è quello dell’inclusività e del gender free.
Secondo le pedagogiste «non sono veramente innovative e non sono nemmeno dannose». A guardarle bene sembrano alla moda, più un seguire i tempi con un’operazione di marketing che una vera innovazione.
«La vera apertura sarebbe», dicono le pedagogiste, «cominciare a creare a creare una disposizione dei giocattoli nei negozi meno divisa per giochi da maschi e giochi da femmine. Il bambino, per liberarsi dagli stereotipi, non ha bisogno di una bambola come questa che può far diventare maschio o femmina, cosa che peraltro può fare già da solo nei giochi travestendo da maschio da femmina a seconda delle necessità del gioco. Ha bisogno che siano abbattute le barriere di differenziazione che ci sono già dalla nascita».
In questi anni è caduto in parte lo stereotipo della cucina, grazie ai tanti show televisivi con chef, e agli adulti sembra più accettabile regalare una cucina giocattolo anche a un maschio, cosa che negli anni Ottanta non accadeva. Molti altri stereotipi restano.
«Sarebbe interessante vedere quanti maschi compreranno questi kit, quanti adulti lo regaleranno a maschi. Questo sarebbe un abbattere gli stereotipi di genere perché un giocattolo che appare tipicamente femminile sarebbe scelto anche per i bambini e non per le bambine. Il punto fondamentale è quanto colpirà gli adulti abbattendo i loro stereotipi quando entrano in un negozio a comprare un giocattolo».