Cannes 2019, Palma d’oro al «Parassita» coreano. Banderas è il migliore attore
Una decisione «presa all’unanimità». Così, il presidente della 72esima Giuria del Festival di Cannes, il regista messicano Alejandro González Iñárritu, ha annunciato il vincitore della Palma D’oro 2019: il regista sudcoreano Bong Joon-ho, per il suo Gisaengchung (Parassita), in cui si porta in scena sul grande schermo la storia di due famiglie economicamente (e socialmente) agli antipodi rappresentandone stili e modelli di vita inevitabilmente opposti.
Un film che era piaciuto a tutti e aveva messo subito tutti d’accordo. «Abbiamo visto ventuno film e scambiati opinioni per ore: i vincitori non saranno mai l’opinione di nove persone», aveva dichiarato Iñárritu all’inizio della cerimonia, quasi nel tentativo di “mettere le mani avanti”. Ma in realtà la decisione della giuria non sorprende né scontenta, dal momento che con la sua pellicola Bong Joon-ho era tra i favoriti, a pari merito con il Pedro Almodóvar di Dolor Y Gloria.
Assai meritatamente il premio per Dolor Y Gloria è andato al suo protagonista maschile Antonio Banderas, eccellente interprete di Salvador Mallo, alter-ego del regista spagnolo nel film. «Mi ci sono voluti quarant’anni per arrivare fino qui», ha dichiarato l’attore, felicissimo, mentre il pubblico in sala gli dedicava una standing ovation. A cui lui ha risposto con l’augurio: «Il meglio deve ancora venire».
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Antonio Banderas: «Per Almodóvar ho smesso di nascondere la mia sofferenza»Il Grand Prix, assegnato da Sylvester Stallone che a Cannes ha presentato il nuovo Rambo V: Last Blood, è andato ad Atlantique di Mati Diop, mentre il premio della Giuria è andato ex-æquo a Bacarau di Kleber Mendonça Filho & Juliano Dornelles, e Les Misérables di Ladj Ly.
L’attore Viggo Mortensen, dopo avere ricordato in ottimo francese la regista Agnes Varda, protagonista (anche) della locandina di questo festival, ha assegnato il premio alla Regia, andato ai fratelli Jean-Pierre & Luc Dardenne, che, quest’anno, sulla Croisette di cui sono habitué, hanno portato la storia de Le Jeune Ahmed, un ragazzo del Belgio di cui nel film seguiamo il processo di radicalizzazione. «Volevamo filmare una chiamata alla vita “al contrario”, che è anche la missione, la vocazione del cinema», hanno dichiarato i fratelli abbracciandosi.
L’attrice inglese Emily Beecham ha vinto il premio per la migliore interpretazione femminile con Little Joe, thriller psicologico ambientato «tra i fiori». Mentre, assegnato da Gael Garcia Bernal, il premio alla migliore sceneggiatura è andato a Celine Sciamma per Portrait of a Lady On Fire, storia tutta al femminile in cui si racconta il rapporto di (quasi) amore e (molta) complicità tra due donne del secolo scorso.
Infine, il Prix Spécial della Giuria è andato al regista di Nazaret Elia Suleiman per It Must Be Heaven, un viaggio che parte dalla Palestina per arrivare a Parigi e a New York inseguendo ovunque un’unica domanda: dov’è il luogo che possiamo veramente chiamare casa?