Quella volta che Ciriaco De Mita voleva portarsi la Piaggio a Nusco
Nel 1991 la lotta di Pontedera contro il trasferimento delle officine meccaniche L’allora sindaco Rossi: «Lo individuammo come responsabile, ma non era il solo»
PONTEDERA. «Certo, a finire nel mirino fu soprattutto lui, De Mita, ma quelli erano altri tempi. Nonostante le grandi personalità, in politica non c’erano forti personalismi. Alla base del possibile trasferimento delle officine meccaniche della Piaggio da Pontedera a Nusco c’era una legge e (forse) non solo De Mita».
Dai fondali della memoria riemergono ricordi ancora vivi e lucidi. Quelli di un lungo braccio di ferro che non interesserò solo politica e sindacato, ma travolse l’intera società. Sì, perché la possibile delocalizzazione di una parte delle lavorazioni della Piaggio a Nusco avrebbe estromesso Pontedera dalla centralità di quella che oggi è l’unica, grande, azienda delle due ruote in Europa.
Era il 1991. La politica italiana andava incontro, forse inconsapevolmente, all’ennesima trasformazione che completò il quadro di grandi cambiamenti dettati dalle rivolte cinesi di piazza Tienanmen e soprattutto dalla caduta del Muro di Berlino. Una sorta di anticipazione del terremoto di Mani Pulite che segnò il crollo della Prima Repubblica.
Il referendum del ‘91, modesto nel contenuto, ma nella sostanza quasi devastante per il sistema partitico, spazzò via la porzione di legge elettorale che consentiva di esprimere fino a tre preferenze nelle elezioni alla Camera. Quasi un dettaglio all’apparenza. Che nella pratica significò intaccare i pilastri che reggevano il governo di pentapartito e il Caf, il patto tra Craxi, Andreotti, Forlani stretto un decennio prima. La politica traballava, l’economia e una fetta del sistema occupazionale si preparavano ad essere attraversate da un’onda che avrebbe travolto Pontedera e l’intera provincia pisana.
Con una partita che si stava giocando già da mesi: un programma di forti investimenti nel Meridione, cavalcando anche la marea di contributi stanziati per la ricostruzione post-terremoto in Irpinia, che prevedeva anche il piano di trasferimento delle officine meccaniche della Piaggio al Sud. E non in un territorio qualsiasi, ma nel “fortino” elettorale e di potere di uno degli uomini più influenti della Prima Repubblica: la Nusco di Ciriaco De Mita.
Una battaglia che diventò una sorta di tira e molla su un asse, quello tra Pontedera e la cittadina dell’Irpinia, rovente all’inizio e incandescente nel corso dei mesi. Con De Mita, il caustico leader della Democrazia Cristiana e collezionista di cariche pubbliche (presidente del Consiglio, svariate volte ministro e parlamentare europeo) morto ieri restando ancora in campo da sindaco di Nusco, il paese irpino dove era nato nel 1928, individuato dalla politica, dal sindacato e dalle istituzioni locali come l’artefice di quella possibile, devastante, operazione.
Dall’altra parte Enrico Rossi, l’allora neoeletto sindaco della città della Vespa, tra i protagonisti di una battaglia che vide addirittura la Chiesa, con in prima fila monsignor Enzo Lucchesini, scendere in campo per difendere una fetta fondamentale dell’economia toscana. «Ero da poco stato eletto sindaco, ma non ho mai incontrato, né parlato con De Mita – ricorda Rossi -. A quel tempo accusavamo De Mita di quella operazione, ma non era lui. O almeno, non era solo lui. C’era una legge che prevedeva cospicui finanziamenti per lo sviluppo delle aree deboli. Certo, per il luogo scelto (Nusco, ndr), tutti pensammo che c’erano delle forti influenze politiche. Stamani (ieri per chi legge, ndr) – prosegue l’ex sindaco di Pontedera ed ex presidente della Regione – leggendo Nusco ho avuto un collegamento con la Piaggio: quella vicenda aprì anche una discussione nel Pci e nel sindacato sull’utilità di quelle leggi che sostenevano in maniera massiccia gli investimenti al Sud. Un dibattito che portò ad assumere una posizione: giusto lottare contro il trasferimento della Piaggio a Nusco, ma allo stesso tempo non volevamo essere contrari agli investimenti al Sud. Farli però solo se aggiuntivi sul piano occupazionale e produttivo, non spostando pezzi o riducendo l’occupazione. Vincemmo quella battaglia e oggi la Piaggio è ancora a Pontedera e, con tutti i suoi problemi e contraddizioni, continua ad essere la più importante realtà produttiva della zona. De Mita – conclude Rossi – era considerato un avversario politico, dalle vicende locali a quelle nazionali, ma sicuramente è stato un politico di alto livello e, con tutti i suoi difetti, un politico di spessore».