Allarme inquinamento: con i temporali l’acqua sporca dei depuratori finisce in Ticino
Nel fiume azzurro, oltre al Seveso e all’Olona, arrivano i reflui fognari dell’area a nord di Milano. Il Parco si è mobilitato: «Bisogna adattare gli impianti alle piogge torrenziali sempre più frequenti»
PAVIA. E’ allarme inquinamento nel fiume azzurro dove, a causa dei forti temporali, si riversano le acque del Seveso e dell’Olona e gli scarichi fognari dell’area a nord di Milano. Perché le piogge violente, con il rischio allagamenti, obbligano ad aprire lo scolmatore Nord Ovest che raccoglie acqua sporca e liquami.
Reflui fognari
E così in Ticino finiscono in media circa 80 metri cubi al secondo di reflui fognari. Ioni tossici e coliformi fecali, ma anche rifiuti di plastica e lattine che invadono il fiume che resta azzurro fino ad Abbiategrasso.
Perché è lì che si sversa una scia scura e fangosa trasportata dalla corrente per una quarantina di chilometri. Solidi sospesi che si depositano anche nel fondale, pregiudicandone lo stato ecologico e chimico. Una situazione che, a causa dei cambiamenti climatici, si sta ripetendo sempre più frequentemente, compromettendo le condizioni di un corso d’acqua che comunque, sottolinea il consigliere del parco del Ticino Massimo Braghieri, “resta uno dei meno inquinati”.
Ma l’obiettivo del Parco è proprio quello di preservarlo il più possibile. Da qui la richiesta agli enti competenti di trovare una soluzione ed evitare che venga compromessa la qualità delle acque ogni volta che si verificano eventi temporaleschi chiamati eccezionali, ma che ormai non lo sono più. Eventi che impongono l’apertura dello scolmatore dove finisce quell’acqua che, per la gran quantità, i depuratori non riescono più a ricevere. Si tratta in media di una portata tra i 60 e gli 80 metri cubi al secondo.
Acqua sporchissima, pericolosa anche dal punto di vista igienico-sanitario. Una situazione assurda se si considera che tutti i 47 Comuni della Valle del Ticino sono dotati di depuratore, a tutela della flora e della fauna di un Parco, riconosciuto dall’Unesco come riserva della biosfera, dove si trovano 50 specie ritenute prioritarie, cioè già in condizioni di rischio. Un rischio che aumenta ulteriormente quando il Ticino è in secca e gli inquinanti biologici restano concentrati.
«Adattare i depuratori»
«Il Parco sta sollecitando un confronto con le Province e gli enti che gestiscono il servizio idrico per chiedere modifiche agli impianti di depurazioni e adattarli a piogge torrenziali che ormai costituiscono la norma – fa sapere Braghieri –. Questi intensi temporali mettono infatti in crisi infrastrutture studiate per sopportare portate d’acqua inferiore, anche se, rispetto agli anni scorsi, la situazione è migliorata, in quanto ora non tutti gli scarichi finiscono in Ticino. Il Parco ha già effettuato un censimento degli impianti presenti, depuratori e punti di scarico nei canali, che potrà essere utile agli enti preposti».
Anni Cinquanta
Lo scolmatore di Nord Ovest è un canale artificiale, realizzato a metà degli anni Cinquanta e completato negli anni Ottanta, che protegge l’abitato di Milano e i Comuni della cintura nord milanese dalle acque di piena. L’allora direttore del Parco Claudio Peja, uno dei primi a lanciare l’allarme per le sorti del Ticino, aveva sottolineato la necessità di mitigare l’impatto sul fiume azzurro realizzando bacini di laminazione, progetto che avrebbe dovuto coinvolgere Regione Lombardia e Provincia di Milano. Una soluzione, aveva spiegato, che avrebbe consentito di raccogliere le acque delle piene, in modo ridurre l’attivazione dello scolmatore. —