M5S, tutto quello che non torna del patto della spigola
foto da Quotidiani locali
E così anche la Spigola - intesa come "il patto della" - è entrata di prepotenza nell’immaginifico glossario della politica italiana; al singolare, però, perché declinata al plurale la parola rimanda a quel generale della Finanza che usava i voli di Stato per far arrivare a casa le cassette di pesce fresco.
Vabbè. Però siamo ancora e solo al trionfo della comunicazione - tema chiave, peraltro, e non a caso, del contenzioso tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte - perché in quanto alla sostanza dell’accordo tra i due strombazzato in rete, e cioè della divisione dei poteri tra Garante e Leader, non sappiamo niente, non si sa cioè chi dirà l’ultima parola, e soprattutto quale, sulle questioni più calde del momento: come giustizia e legge Zan. Lo scopriremo solo vivendo.
La cosa, però, non è da poco e non tocca solo il destino dell’ex profeta del vaffa e dell’ex avvocato del popolo perché per esempio alla riforma della giustizia è vincolato il futuro del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, visto che per avere i soldi europei ci siamo impegnati a farla, e a farla presto e bene.
Non a caso Mario Draghi segue la vicenda con grande attenzione. Finora è riuscito, dobbiamo dirlo, a far ingoiare di qua e di là i provvedimenti cui teneva di più, giocando - per così dire - sulle maggioranze variabili.
Nel caso della riforma della giustizia, e non solo in questo, può contare sull’appoggio esplicito dell’ala destra del suo governo (con le restrizioni Covid è successo il contrario), che però verrebbe meno qualora si toccasse il tema della prescrizione così come studiato dalla ministra Cartabia, che è proprio quello che i 5S non digeriscono.
Forse capiremo qualcosa di più nelle prossime ore, quando il presidente del Consiglio incontrerà faccia a faccia il suo predecessore, l’unico che manca nella lista dei leader consultati.
Ascolteremo che cosa dirà: se non cederà sulla giustizia, cavallo di battaglia e tema fondativo del Movimento, o se invece lo farà, magari in cambio di assicurazioni sul reddito di cittadinanza che molti vorrebbero cancellare e i Cinque Stelle no.
Il fatto è che da quando è cominciata la telenovela del nuovo leader, Conte fa Grillo e Grillo fa Conte, nel senso che il fondatore ha promesso fedeltà al governo Draghi mentre il candidato leader lo ha messo nella top ten delle cose poco gradite. E nessuno ha capito se i due giochino a poliziotto buono-poliziotto cattivo o, piuttosto, se sulla pace improvvisamente siglata gravi solo una gran confusione.
Lo scenario più probabile è che Conte faccia cadere sulla riforma Cartabia una pioggia di emendamenti cercando di condizionarne o frenarne il cammino, sulla scia di ciò che sta facendo Salvini sulla legge Zan. Insomma, giorni difficili. Ora, è improbabile che si arrivi allo showdown, anche se il poliziotto cattivo ne avrebbe tanta voglia, se non altro per far vedere che comanda e che i 5stelle sono vivi, vegeti e pronti a mollare il presidente Draghi, anche in pieno semestre bianco.
Ma certo le prossime saranno settimane di polemiche e di fibrillazione. A dispetto dei 191 miliardi in arrivo, che al contrario meriterebbero il massimo della concentrazione. Che poi, a pensarci bene, è la vera missione di questo governo. --
© RIPRODUZIONE RISERVATA