Obbligo di green pass anche al ristorante? Pensiamo a vaccinare
foto da Quotidiani locali
Sicuramente per viaggiare, pochi dubbi che serva anche per andare allo stadio o (nel caso) in discoteca. Probabilmente per cinema e teatri. Ma servirà il green pass anche per bar e ristoranti? È la strada indicata dalla Francia, dove il presidente Macron ha annunciato l’obbligo del documento anche per il croissant, come misura di contrasto alla diffusione della variante Delta. L’Italia ne discute, i partiti sono divisi, tra le voci contrarie molti sottolineano il paradosso di un obbligo che vale anche per la colazione al bar quando la campagna vaccinale non si è conclusa. E in questo senso vanno anche gli interventi di Fabio Picchi, storico titolare del Cibreo di Firenze. Mentre Paolo Bonanni, ordinario di Igiene applicata all’Università di Firenze, prende in considerazione la proposta se la situazione dovesse richiederlo. Entrambi concordano sulla priorità: vaccinare.
Fabio Picchi (ristoratore): Il problema sono i vaccini non i locali
Sono indietro. Lo sono sempre stati. Rispetto all’Italia, e non solo. Anche ai tempi dello scoppio dell’Aids ebbero un po’ di difficoltà a capire cosa stava accadendo. E ora non si smentiscono. Sono indietro nella campagna vaccinale e allora tirano fuori l’idea del "Green pass" per mangiare nei ristoranti.
Smettiamola di dire che quello della ristorazione è un comparto a sé, perché noi facciamo parte a tutti gli effetti della filiera agro-alimentare del Paese. E il Covid ci ha distrutto. Abbiamo distanziato i tavoli, abbiamo dotato il personale di mascherine, abbiamo installato gel igienizzante in ogni angolo dei nostri locali, abbiamo tracciato i clienti. Ora basta. Il tema centrale non deve essere quello del "Green pass" nei ristoranti, ma quello della vaccinazione. Io spero vivamente di arrivare a ottobre con il 90% degli italiani che ha ricevuto almeno una dose. Questo deve essere il nostro orizzonte, la nostra meta, il nostro credo.
L’idea della Francia, lasciamola alla Francia. Loro propongono norme più rigide degli altri perché devono mettere una pezza ai loro ritardi. La verità sta tutta qui. Noi, invece, dobbiamo puntare sul senso di responsabilità delle persone. Dei clienti, dei titolari dei ristoranti, di tutti i cittadini. Se proprio vogliamo fare i paragoni con i nostri vicini di casa d’Europa, facciamolo a 360 gradi. In Francia, in Germania e in Belgio - solo per citare alcuni Paesi - durante la "chiusura totale" i ristoratori hanno ricevuto sussidi pari a quello che avrebbero guadagnato stando aperti. Il governo ha disposto lo stop all’attività dei locali, e dopo pochi giorni gli esercenti avevano i soldi sul conto corrente. In Italia non è stato così. E ora c’è bisogno di lavorare. Credo che questo sia ben chiaro anche al presidente del consiglio, Mario Draghi, che mi sembra orientato verso una gestione dell’emergenza guidata dal buonsenso e dalla razionalità.
E forse lui sa anche quanto sia pericoloso imporre di nuovo restrizioni ai locali. Si rischia di vederne chiudere parecchi nei prossimi mesi. E per ogni ristorante che chiude, ce n’è uno pronto ad aprire a funzionare come lavatrice di soldi sporchi per conto della criminalità organizzata. Questo è un pericolo reale, dobbiamo fare di tutto per non cascarci. Pensiamo ai vaccini, come stanno facendo Draghi e il generale Figliuolo. Facciamo vaccinare la gente, il problema del "Green pass" è successivo.
Sono contento del nostro governo, che sta cercando di ricostruire un’Italia che si basa sulle capacità, sulle persone che sanno fare e hanno voglia di fare. Educhiamo la gente alla salute, ma educhiamocela davvero. Insegniamo a tutti che bisogna mangiare il pesce fresco, che d’estate fa bene stare all’aria aperta. Non focalizziamoci sulle paure e sui divieti. L’idea del "Green pass" al ristorante fa sorridere. Perché con lo stesso documento si potrà entrare allo stadio come al ristorante? Dunque stiamo paragonando un luogo dove stanno decine di migliaia di persone a un locale dove ne entrano cento volte meno, e per di più ferme a mangiare. Distanziate l’una dall’altra.
La verità è che il nostro paese sta attraversando un momento critico. Le nostre autorità sono al lavoro per ricostruire sulle macerie lasciate dalla pandemia e da qualche scelta politica non troppo azzeccata. La sfida è quella di rialzarci, di ricominciare tutti - ognuno nel proprio settore - a macinare lavoro e investimenti. A questo dobbiamo pensare, stando sempre attenti alla salute, sia chiaro. Il mio primo desiderio in questo momento è che la pandemia finisca, che non muoia più neppure una persona e che si possa tornare alla vita che facevamo due anni fa. Spero che tutto questo diventi realtà nel giro di pochi mesi, ma dipende in gran parte dalla gente. Quindi pensiamo intanto a proteggerci dal virus e lasciamo stare i "permessi speciali" per andare a cena fuori. Facciamo bene la nostra parte, rispettando le regole e rispettando gli altri. Rialziamo tutti insieme un Paese che ha tanta voglia di tornare a correre. I francesi facciano come credono. Di sicuro non sono un modello da imitare. Lo dice anche la storia.
Paolo Bonanni (epidemiologo): D’accordo se il quadro peggiora
Sì all’introduzione del passaporto vaccinale nei ristoranti, ma in modo graduale. Bisogna tenere presente lo scenario che potrebbe presentarsi da qui ai prossimi mesi, con un nuovo aumento dei contagi, senza dimenticare di essere pratici.
Il passaporto vaccinale (il cosiddetto "green pass") può essere importante perché la vaccinazione contro il Covid-19 è fondamentale. Soprattutto in questo momento in cui i contagi stanno di nuovo aumentando. Ma la sua obbligatorietà prima di sedersi al tavolo di un ristorante dovrebbe tenere conto della situazione. Non dimentichiamo, infatti, che la categoria dei ristoratori è stata la più colpita dalle restrizioni anti-Covid, con chiusure che si sono protratte a lungo con inevitabili e gravi conseguenze sul fronte economico. E ora che la nostra vita sta lentamente tornando alla normalità dobbiamo tenere conto di questo aspetto e non "punire" ulteriormente i ristoratori con nuove limitazioni. Certo, se i casi di positività tornassero a salire, tutto sarebbe da rivedere. E introdurre già da ora il passaporto vaccinale anche solo per andare a mangiare una pizza potrebbe essere un modo per incentivare a difendersi dal Covid-19. Ma al momento realisticamente sono altri i luoghi in cui si verificano gli assembramenti. Sono altri i posti da monitorare per evitare che il virus si diffonda.
I numeri parlano chiaro, la variante Delta (ex indiana) sta facendo crescere il numero delle infezioni. In Toscana come nel resto d’Italia e anche fuori dai nostri confini nazionali. È giusto continuare ad andare al ristorante, ma è altrettanto giusto farlo nel rispetto delle regole: e questo sarebbe già un primo, importante passo per la nostra salute e quella di chi ci sta intorno.
Il distanziamento, la mascherina abbassata soltanto durante il pasto, la buona pratica di igienizzarsi spesso le mani sono norme che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana.
Ma ora c’è anche la vaccinazione, strumento fondamentale di difesa contro il virus. A ottobre, con ogni probabilità, ci sarà una nuova ondata di contagi. E a differenza di quanto abbiamo già vissuto, sarà inferiore il numero di persone che dovranno ricorrere alle cure dell’ospedale. E saranno meno anche i decessi. Purtroppo dovremo imparare a convivere con il coronavirus. Da tempo ripetiamo che diventerà un po’ come l’influenza. Se raggiungeremo questo risultato - non potendo eliminare completamente il virus - sarà grazie alla vaccinazione. Le due dosi, lo dico da epidemiologo, fanno già avvertire la differenza in termini di morti e ospedalizzazioni.
È la dimostrazione che il ritorno alla normalità tanto ricercata passa proprio dal vaccino. Perciò un aspetto mi preoccupa: ancora tante, troppe persone tra i 60 e i 70 anni rifiutano la vaccinazione. I giovani, invece, stanno rispondendo meglio: un po’ per senso di responsabilità, un po’ perché per viaggiare all’estero hanno bisogno del passaporto vaccinale. A chi ancora non si è vaccinato, faccio un appello: chi rifiuta il vaccino rischia tanto. Molti non si rendono conto delle conseguenze. Gli scettici non si lascino influenzare dalla paura di eventuali effetti collaterali. Perché le controindicazioni, che sono appunto eventuali, saranno comunque inferiori alle conseguenze del Covid-19. Che, purtroppo, lascia degli strascichi importanti su chi ha contratto la malattia. È questo il messaggio che vorrei passasse. Vorrei che tutti comprendessero che l’unico modo per contrastare l’infezione è proprio il vaccino. Vediamo, ora, cosa accadrà. Quando, in effetti, aumenteranno i contagi. Vaccinarsi è l’unica arma che abbiamo oggi a disposizione.
Se la situazione che ci troveremo ad affrontare suggerirà con maggiore forza l’introduzione dell’obbligatorietà del passaporto vaccinale anche per andare al ristorante, i futuri avventori dovranno essere tutti vaccinati anche solo per andare a mangiare una pizza. -
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