Landriano, il nipote killer non si pente: «Se la zia si fosse comportata bene con me non l’avrei mai uccisa»
Andrea Cusaro, 26 anni, è stato interrogato dal giudice. «Gabriella e i miei genitori mi hanno rovinato la vita, interrogate anche loro»
LANDRIANO. «Quella sera non riuscivo a dormire, ero molto nervoso per l’atteggiamento ostile di mia zia. Non l’avrei mai uccisa se si fosse comportata bene». Per Andrea Cusaro, il giovane di 26 anni accusato di avere ucciso Gabriella Cusaro con almeno 15 coltellate nella villa di via Cerca a Landriano, anche la zia, che l’aveva ospitato un anno fa, era diventata un ostacolo alla realizzazione dei suoi desideri. Proprio come i suoi genitori, da cui aveva voluto andarsene.
«È colpa dei miei familiari se ho fatto quello che ho fatto, dovete interrogare anche loro», ha chiesto, ribadendo ieri mattina davanti al giudice Pasquale Villani, per l’udienza di convalida del fermo, ciò che aveva già riferito alla magistrata Valentina De Stefano poche ore dopo il delitto. Anche davanti al giudice il giovane, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, non ha mostrato segni di rimorso. Nessun pensiero per la zia uccisa, ma solo la consapevolezza di essersi «rovinato la vita».
I conflitti in famiglia
Il giovane ha confermato ancora una volta le sue responsabilità, precisando il movente del delitto a partire proprio dal rapporto con la zia e la sua famiglia. Andrea Cusaro lo aveva già detto al magistrato: non andava d’accordo con i suoi familiari e traslocando dalla zia pensava «di fare la cosa giusta». La situazione con il padre e la madre era esplosa durante il lockdown della primavera 2020. Il ragazzo aveva minacciato i genitori e nell’abitazione erano intervenuti i carabinieri. Il giovane, nel corso dell’interrogatorio, ha spiegato di essersi rivolto al Centro psico sociale di Pavia in autonomia il giorno successivo, «perché non ce la facevo più».
Il ricovero al San Matteo
L’accesso al Cps risulta tra i documenti in mano agli inquirenti. Gli psicologi decidono di disporre un Trattamento sanitario obbligatorio al San Matteo, dove il giovane resta per quattro giorni e da cui viene dimesso con una diagnosi di «psicosi da dipendenza». Sul disturbo psichiatrico i medici dovrebbero proseguire gli esami, perché non appare chiaro se e in che modo l’eventuale patologia mentale del ragazzo si intrecci con la dipendenza da sostanze. Alla madre aveva confidato da tempo di abusarne. Sostanze leggere, come la marijuana, ma anche cocaina, anfetamine e chetamina.
Solo nell’autunno del 2020 il ragazzo si convince ad andare da uno psicoterapeuta, a Milano. Le cose sembrano andare meglio, ma Cusaro non riesce a trovare una strada sul piano lavorativo. Spronato dalla zia si iscrive a un master alla Cattolica (aveva già preso la laurea allo Ied di Milano, la scuola di Design), per provare a essere assunto in una radio. Ma presto si accorge che il percorso è più complicato del previsto.
Il pretesto per il delitto
Cusaro spiega ai magistrati che anche con la zia le cose non vanno più bene. «Mi provocava – ha detto al giudice –. Non voleva più che stessi in casa con lei. Faceva di tutto per rendermi aggressivo». Il giovane racconta al giudice di essere rientrato, la sera del delitto, a casa verso l’una di notte, dopo una serata trascorsa a bere con gli amici: «Non riuscivo a dormire nonostante avessi preso lo Xanax, così decido di farmi una canna, ma non trovando lo stupefacente nel cassetto sono andato in camera di mia zia a chiedere». La donna, secondo questa versione, nega di avergli preso la droga, ma questo basta a scatenare una lite, che prosegue in cucina e si fa sempre più accesa. «Ha preso a insultarmi dandomi del drogato». Poi la follia. «Le ho sferrato un pugno, è caduta a terra e le ho dato dei calci, poi ho preso il coltello». Il giovane spiega di non ricordare il numero di colpi. «A quel punto ho capito di averla uccisa».
Confermato il carcere
Al termine dell’udienza il suo avvocato, Maria Francesca Fontanella, ha chiesto i domiciliari in una struttura più adeguata rispetto a una cella. Ma il giudice Villani ha confermato il carcere. Per il magistrato non ci sarebbero, al momento, elementi per ritenere che il ragazzo abbia agito senza rendersi conto di quello che stava facendo. Il suo interrogatorio, anzi, avrebbe fatto emergere una certa «capacità di autodeterminazione» e di compiere scelte, in una «vita vissuta tutta concentrata su se stesso senza la minima considerazione degli altri».