Gli Oscar 2021 non si dimenticheranno facilmente. Non tanto per alcune vittorie annunciate, sicuramente per una statuetta consegnata così a sorpresa che mancava il suo destinatario, ma soprattutto per la forma anomala che ha avuto la 93°edizione dei premi dell’Academy. 
Sì, perché la cerimonia degli Oscar 2021 chiude la stagione dei grandi riconoscimenti allo spettacolo di un anno (s)travolto dalla pandemia, evento che ha condizionato tutti gli eventi e i regolamenti del mondo dell’intrattenimento e dell’arte (oltre, naturalmente, alla vita di tutti).
La notte degli Oscar 2021, tuttavia, è comunque stata più in presenza che “seduta in casa”, con un vero red carpet, con un vero palco, anche se tutto tranne che affollato.

L’edizione ibrida, in presenza ma non troppo

Naturalmente l’emergenza sanitaria ha costretto grosse modifiche, sia nel regolamento – per ovviare alla mancata o ridotta distribuzione dei film in gara – nel calendario e, naturalmente, nella stessa cerimonia di premiazione. Prodotta da Steven Soderbergh, Stacey Sher e Jesse Collins, la 93°edizione dei premi dell’Academy si è svolta in forma ibrida: fondamentalmente in presenza, ma in maniera diversa dal solito. Due, infatti, sono state le location principali, la Union Station di Los Angeles (set di molti film nella storia) e il celebre Dolby Theatre). 

Gli ospiti, ridotti ai candidati (con rispettivo accompagnatore) erano distribuiti nelle due location, distanziati e, come specificato all’inizio, tutti i partecipanti erano stati tamponati e vaccinati. Non sono mancati dei momenti di intrattenimento, ma ovviamente la premiazione è stata portata avanti con un ritmo parzialmente spezzato a causa delle varie location e per la mancata presenza di alcuni vincitori, come Anthony Hopkins.

Come precedentemente annunciato, tanto sono stati i presenter, per lo più i vincitori della scorsa edizione hanno annunciato le nomination e assegnato i premi nelle rispettive categorie.
Per quella della Miglior regia, ci ha pensato ovviamente Bong Joon-ho, in collegamento da Seul; Jane Fonda ha presentato Miglior film, mentre Joaquin Phoenix, Renée Zellweger, Brad Pitt e Laura Dern hanno introdotto i premi per gli attori protagonisti e non, scambiando solo il genere. Per esempio, Brad Pitt ha presentato le nomination (e la vincitrice) di Miglior attrice non protagonista.

L’entusiasmo di Youn Yuh-jung per Brad Pitt

Proprio la presenza di Brad Pitt ha dato il la al discorso di ringraziamento di Youn Yuh-jung o Yuh-Jung Youn, vincitrice non protagonista del film Minari. L’attrice è salita sul palco tutta contenta di conoscere «Mr Pitt» (tra i produttori del film), che poi l’ha scortata dietro le quinte, chiedendo dove fosse quando loro giravano. Poi ha affermato che nessuno, nonostante le diverse storpiature, avesse pronunciato il suo nome (è un po’ una sfida perfino scriverlo, ndr) nel modo corretto, per poi perdonare tutti. 
Youn Yuh-jung ha naturalmente ringraziato il team del film e quelli che l’hanno convinta a tornare al lavoro. Si è poi complimentata con tutte le colleghe di nomination, affermando che la sua (vittoria) sia semplicemente stato frutta di fortuna e, forse, anche un segno di accoglienza da parte dell’Academy. È infatti la prima attrice asiatica a vincere la statuetta.

Glenn Close superstar

Ci sono dive che riescono a brillare, senza mostrare invidia ma solo tanto talento. Così ha fatto Glenn Close che, con otto nomination (da protagonista e non) alle spalle, anche stavolta non ha portato a casa la statuetta. Eppure, per tutta la cerimonia, era lì, sorridente e pronta ad applaudire per tutti. Durante il momento «indovina la canzone e se ha vinto l’Oscar» di Lil Rel Howery, l’attrice ha stupito con la propria conoscenza della musica nel cinema e come ballerina. Prima, infatti, ha azzeccato il brano Da Butt del gruppo funk Experience Unlimited, usato nel film di Spike Lee School Daze, nemmeno nominata, dicendo che è stata una tragedia. Poi si è cimentata in un accenno di twerking prima di scoppiare in una robusta risata.

Il ringraziamento-appello di Chloé Zhao

Chiamata due volte per ricevere il premio, prima come Miglior regista, poi Miglior film, Chloé Zhao la regista da record – prima regista asiatica e seconda regista donna a vincere nella categoria nella storia dell’Academy ha citato un verso dal testo fondamentale cinese The Three Character Classic: «Le persone alla nascita sono tutte intrinsicamente buone», spiegando come questa frase abbia avuto un forte impatto su di lei, da bambina, ma anche da adulta «Continuo tuttora a crederlo veramente, anche se a volte può vero il contrario. Ma ho sempre trovato bontà nelle persone che ho conosciuto, ovunque sia andata nel mondo». Un invito alla bontà d’animo per tutti:
«Questo Oscar è per tutti quelli che hanno la fede e il coraggio di tenere la bontà nel loro cuore e in quello degli altri, non importa quanto sia difficile farlo. Questo (premio) è per voi, voi mi ispirate a continuare così».

Quando ha vinto per Nomadland, la regista è saluta sul palco con il team di produttori e il cast, passando quasi subito la parola alla sua protagonista Frances McDormand – e poi esultando per il suo premio quasi più che per i propri.

L’ululato di Frances McDormand

L’Oscar per la sua interpretazione di Fern in Nomadland segna il record di Frances McDormand, seconda interprete della storia del cinema (dopo Katharine Hepburn, con quattro premi) ad aver vinto tre volte la statuetta come Miglior attrice protagonista (dopo Fargo e Tre manifesti a Ebbing, Missouri). Le vittorie, per fortuna, continuano a non cambiare l’attitudine al restare fuori schema dell’attrice, che nel suo breve discorso di ringraziamento ha citato uno stralcio preso dal Macbeth di Shakespeare: «Non ho parole: la mia voce è nella mia spada. Sappiamo che la spada è il nostro lavoro, e a me piace il mio lavoro. Grazie per averlo riconosciuto e grazie per questo».


Poco prima, sul palco con Chloè Zhao per la vittoria di Nomadland come film dell’anno, l’attrice ha invitato il pubblico a tornare al cinema (appena possibile in sicurezza): «Per favore guardate il nostro film sullo schermo più grande possibile e portate tutti quelli che conoscete a vedere tutti i film premiati quest'anno. Tornate al cinema», per poi concludere «Noi questo lo dobbiamo ai nostri lupi» e esibendosi in un ululato che di sicuro entra negli annali degli Oscar.

La gag di Harrison Ford

Con la sua aria scanzonata di chi sembra pensare «Non vorrei essere qui», Harrison Ford ha presentato il premio per Miglior montaggio con un siparietto che ha mandato in delirio il pubblico. Estraendo un foglietto dal palco della Union Station di Los Angeles, una delle location di Blade Runner, la star di Indiana Jones e Star Wars ha tirato fuori un memorandum con tutti gli appunti che la Warner Bros. lasciò alla cabina di montaggio del film di Ridley Scott per sottolineare al pubblico quanto il mestiere del montatore sia difficile.    

Il momento in memoriam 

Come da tradizione, c'è stato il momento dedicato alla commemorazione di tutti gli artisti dell'industria cinematografica che sono morti quest'anno.
Presentato da Angela Bassett, che ha sottolineato come il 2020 sia stato un anno di grandi perdite, non solo per la pandemia, ma anche per l’ineguaglianza e l’ingiustizia sociale, il video sulle note di As di Steve Wonder ha destato alcune polemiche. 

Tanti, tantissimi i nomi degli artisti scomparsi (con qualche dimenticanza che ha fatto indignare, per esempio, i fan di Naya Rivera e Jessica Walter), che però scorrevano a tale velocità da rendere difficile la stessa lettura dei nomi. Non sono mancati dei momenti più rallentati, abbastanza per cogliere Helen McCrory, il compositore Ennio Morricone, gli attori Sean Connery, e a fine filmato, Chadwick Boseman – cui non è andato l'Oscar postumo che tutti si aspettavano.

La commozione di Thomas Vinterberg

Vincitore nella categoria Miglior film internazionale con il suo Another Round (Un altro giro), il regista Thomas Vinterberg ha dedicato il premio alla figlia Ida, scomparsa a diciannove anni in un incidente stradale, poche settimane prima dell'inizio delle riprese.

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