La battaglia delle Midway, ora raccontata al cinema nell'omonimo film di Roland Emmerich, fu combattuta nel 1942 nel Pacifico ed é considerata uno snodo strategico dell'esito del secondo conflitto mondiale nel quadrante Oriente-Pacifico. Tra il 4 e il 7 giugno del '42 la Marina degli Stati Uniti fu in grado di respingere l'attacco della Marina imperiale nipponica nei pressi di Midway. I giapponesi persero quattro portaerei di squadra subendo un colpo durissimo che piegò di fatto la capacità di manovra della Marina del Sol Levante. Da lì in avanti l'iniziativa passò in effetti nelle mani delle forze statunitensi che con la successiva campagna di Guadalcanal cominciarono la progressiva controffensiva che le portà a riprendere gli arcipelagi occupati e ad avvicinarsi inesorabilmente al territorio giapponese.

La particolarità della battaglia delle Midway sta nel fatto che fu la seconda battaglia navale della storia, dopo quella del Mar dei Coralli, e la maggiore combattuta quasi completamente dalle forze aeree imbarcate sulle portaerei, senza contatto visivo tra le flotte contrapposte e senza scontri a fuoco tra navi con ciò dimostrando l'efficacia dell'arma aerea nella guerra contemporanea anche in mare aperto. Dal momento che i giapponesi persero le loro portaerei, necessarie alla guerra nel Pacifico, persero anche la capacità di avanzare che era stata loro proprio all'indomani dell'attacco a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941 condotto peraltro anch'esso con la logica della guerra aerea su proiezione di squadre navali. Cronologicamente. la battaglia delle Midway iniziò il 4 giugno del 1942, a soli sette mesi da quando erano iniziate le ostilità tra il Giappone e gli Stati Uniti e alleati. L'attacco senza dichiarazione di guerra alle Hawaii come é noto affondò o danneggiò molte navi statunitensi, ma risparmiò le portaerei e non rese completamente inutilizzabile la base, fattori che si riveleranno decisivi a Midway. Per certi versi, si può quindi dire che la sconfitta giapponese a Midway cominciò proprio a Pearl Harbor dal momento che contrariamente ai piani la Marina americana conservò la capacità di manovra e soprattutto le preziose portaerei che ancora oggi sono la chiave di volta della capacità di proiezione globale delle forze statunitensi. Tuttavia, subito dopo Pearl Harbor, le forze nipponiche lanciarono una vasta offensiva in tutto il quadrante del Pacifico che le spinse ad occupare l’Indocina e a est la Birmania fino alle propaggini dell’India, Singapore, le Filippine – allora protettorato coloniale dagli Stati Uniti dopo la vittoria della guerra con la Spagna della fine del secolo precedente – il Borneo, Nuova Guinea e una quantità di isole e arcipelagi del Paficico. Nella battaglia del Mar dei Coralli furono anche in grado di infliggere serie perdite agli americani.

Per certi versi si trattò di una “guerra-lampo” dal momento che fra gli stessi vertici militari giapponese non si ignorava che la enormità della capacità industriale di un immenso Paese come gli Stati Uniti avrebbe avuto la meglio in un conflitto di lunga durata prevalendo inevitabilmente a fronte della disparità delle potenzialità rispetto alle forze delle due due potenze talossacratiche. E' opportuno ricordare che quantunque i giapponesi avessero ottenuto qualche successo anche contro le forze britanniche in Asia, la Gran Bretagna era all'epoca un impero coloniale con enormi risorse. Qualora la guerra fosse durata a lungo, il Giappone non poteva che essere schiacciato e una guerra lampo con accordo di pace a fronte dell'avanzata improvvisa era in sostanza la sola carta a sua disposizione.

Mancando il colpo decisivo a Pearl Harbor e nei primi sei mesi di guerra, i giapponesi decisero di tentare un'altra spallato puntanto l’atollo di Midway, sperduta isola nel mezzo del Pacifico e ultima difesa prima delle Hawaii. L’offensiva nei piani nipponici avrebbe dovuto attirare le portaerei statunitensi fuori da Pearl Harbor e distruggerle come non era riuscito nell'attacco alla base. A quel punto la costa occidentale degli Stati Uniti si sarebbe trovata indifesa e gli Usa sarebbero stati pressati a un qualche accordo di pace. All'epoca non esistevano armi missilistiche. Le flotte rappresentavano materialmente la punta di lancia da portare alla gola del nemico. In sostanza Midway era già sulla carta una battaglia decisiva. O la va o la spacca. Ma secondo recenti approfondimenti storici non poteva che fallire e fu fin dall'inizio un tentativo disperato. Gli statunitensi, tanto per cominciare, potevano leggere le comunicazioni cifrate giapponesi e così mentre la flotta imperiale pensava di fare un'imboscata si stava invece esponendo a subirla. Tre portaerei americane e altre forze aerea a Midway aspettavano la flotta nemica. All’alba del 4 giugno, i nipponici lanciarono l'attacco sulla base che fu danneggiata ma rimase operativa. Mentre gli aerei tornavano indietro per rifornirsi, un'altra metà delle forze si preparava alla seconda ondata. Anche la ricognizione era perlopiù visiva all'epoca e le due flotte ignoravano le rispettive posizioni finché un ricognitore statunitense avvistò le portaerei giapponesi. Da quel momento si poteva fare il tiro al bersaglio in mare aperto. Invece un primo attacco americano, compiuto da aerei vecchi che viaggiavano al limite dell'autonomia di carburante, risultò inefficace come diversi altri. Poi anche i giapponesi individuarono la posizione delle portaerei americane. I comandi armarono gli aerei di attacco con bombe e siluri anti-nave, un'operazione che portò via tempo prezioso dal momento che stavano armando la seconda ondata. In pratica gli ordigni erano sui ponti quando furono sorvolati dai velivoli americani. In pochi minuti, tre delle quattro portaerei furono colpite e bruciate. Il meglio della flotta imperiale era distrutta. Le navi statunitensi inseguirono l’ultima portaerei superstite, la Hiryu e i suoi aerei riuscirono ad affondare una delle tre portaerei nemiche, la Yorktown, quasi nello stesso momento in cui anche la Hiryu veniva affondata.

La battaglia delle Midway si concluse così con la distruzione di una buona parte della flotta aeronavale giapponese che riuscì a conservare le due portaerei più grandi e moderne, che non avevano partecipato all’attacco, ma perse 248 aerei. La Marina perse anche un incrociatore pesante. I morti giapponesi furono oltre 3.000 contro poco più di 300 caduti americani. Per ricostruire una tale forza di proiezione ci voleva tempo e il tempo giocava a sfavore del Giappone che impiegò quasi due anni per ripristinare una flotta capace di tornare ad affrontare gli americani. Ma a quel punto, nel '44, lo strapotere americano era stato dispiegato nel Pacifico e i giapponesi furono in grado solo di combattere battaglie difensive sempre più sanguinose a fronte della superiorità di mezzi e tecnologie messe in campo dagli Stati Uniti.