Coronavirus, il ritorno alla normalità negli ospedali
La Fase 2 è iniziata anche negli ospedali e per tutti quei pazienti che si sono visti rimandare esami di controllo, visite, operazioni non urgenti. È il danno indotto del Covid sulle altre malattie e che ha reso molti pazienti “invisibili”, un danno la cui entità si potrà misurare nei prossimi mesi. «Durante la fase più acuta del coronavirus non abbiamo mai smesso di gestire le urgenze e tutte quelle prestazioni che richiedevano di essere svolte nell’arco di tempo di 72 ore – 10 giorni. Abbiamo sempre garantito anche le terapie oncologiche e abbiamo creato aree non Covid di pronto soccorso dedicate a quei pazienti che arrivavano con un infarto del miocardio, per esempio», spiega il dottor Claudio Zanon, direttore scientifico Motore Sanità e direttore sanitario dell’ospedale Valduce di Como.
«La criticità che abbiamo visto è che da una parte sono diminuiti i pazienti che usavano in modo non appropriato il pronto soccorso, ma purtroppo sono diminuiti anche i pazienti gravi, con ictus o infarto che per paura di contrarre il virus non sono venuti in ospedale e sono deceduti in casa. Le chemioterapie non sono state interrotte, ma molti malati le hanno rimandate per non dover venire in ospedale, così come molte operazioni programmate sono state posticipate dagli stessi pazienti. Ecco perché adesso è importante ripartire con l’attività ordinaria, rassicurando i pazienti sul fatto che gli ospedali sono sicuri e che non ci si infetta. Non è più il tempo di dare risposta solo alle emergenze. Misuriamo la temperatura all’entrata dell’ospedale, e in caso di ricovero facciamo fare prima il tampone, la probabilità di essere ricoverati in reparto e di essere contagiati è quasi nulla».
IL DANNO DEL COVID-19 SULLE ALTRE PATOLOGIE
Secondo lo studio Reduced rate of Hospital admission for ACS during Covid-19 Outbreak in Northern Italy coordinato da Ovidio De Filippo, Fabrizio D’Ascenzo e da Gaetano De Ferrari, direttore del dipartimento di scienze mediche dell’Università di Torino e della Cardiologia della Città della Salute e pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, dall’inizio dell’emergenza coronavirus, c’è stato un calo del 50 per cento dei ricoveri per procedure di cardiologia interventistica.
A lanciare l’allarme a inizio pandemia era stata anche la Società italiana di cardiologia che ha analizzato la situazione negli ospedali italiani durante la prima decade di marzo facendo un confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente. I ricoveri e le procedure salvavita in caso di infarto si sono dimezzate, ma il rischio per i pazienti non curati immediatamente è deleterio, perché è proprio dalla tempestività dell’intervento che dipende l’efficacia delle cure e la sopravvivenza nei due anni successivi.
Secondo lo studio del Centro Cardiologico Monzino di Milano, la mortalità per infarto acuto è quasi triplicata e sono diminuite del 40% le procedure salvavita. Sono dati che fanno temere un tasso di mortalità che potrebbe addirittura superare quella direttamente associata alla pandemia.
In questi mesi sono rimaste silenziose anche malattie oncologiche non diagnosticate. «Aver interrotto lo screening del tumore alla mammella, così come il fatto di aver effettuato le tac solo in urgenza, significa che ci potrebbero essere delle donne malate ma che non lo sanno ancora. Non aver fatto endoscopie di controllo in caso di sintomatologia sospetta significa che ci sono dei dei tumori al colon non ancora diagnosticati», afferma Zanon.
LA CURA DELLE PATOLOGIE CRONICHE
Molti pazienti cronici, in cura per esempio per l’ipertensione, potrebbe aver sospeso le cure per non doversi recare in ospedale. A marzo, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha però esteso di 90 giorni la validità dei piani terapeutici già sottoscritti dai medici specialisti a partire dal momento della scadenza.
«Sicuramente questa situazione di emergenza ci ha insegnato quanto sia importante la medicina territoriale e di come gli ospedali non vadano sovraccaricati regolamentando gli accessi per tutte quelle prestazioni che possono essere gestite dal territorio. I diabetici, per esempio, sono curati a domicilio e questo è uno spunto per dare più forza alla medicina generale», dice Zanon.
LA RIPRESA DEGLI SCREENING ONCOLOGICI
«Nei prossimi mesi avremo la ripresa di una domanda non espressa, penso a tutte le ecografie e tac che non sono state fatte e dovremo fare i conti con tutte le patologie non emerse a causa del Covid», afferma Gianni Amunni, direttore generale Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (ISPRO), Regione Toscana. « Abbiamo dovuto sospendere lo screening oncologico di primo livello, in Toscana ogni mese si scoprono 100 nuovi tumori alla mammella, è chiaro che adesso ci sarà un incremento della casistica che non è stata esaminata in questi due mesi».
LA FASE 2 DEGLI OSPEDALI E DELLA MEDICINA TERRITORIALE
«L’ospedale ha dimostrato flessibilità nella capacità di evolversi. Nella nuova normalità si riprenderanno tutte le attività programmate con percorsi riservati per garantire la massima sicurezza al cittadino che entra in ospedale, in Toscana abbiamo ridistribuito l’offerta ospedaliera con turni 7 giorni su 7», spiega Amunni. «Dobbiamo cogliere questa occasione per riconsiderare in modo strutturato il rapporto ospedale e territorio come parte di un unico processo. Le cure intermedie, l’ospedalizzazione domiciliare, la telemedicina sono tutte procedure nate dall’emergenza e che hanno ridato un ruolo fondamentale al territorio». Dello stesso parere è Davide Croce, direttore Centro economia e management in sanità e nel sociale LIUC Business School e direttore generale SEUS 118 Sicilia: «Le liste di attesa saranno smaltite continuando a fare uso della telemedicina e garantendo due turni giornalieri in ospedale. Dobbiamo considerare che prima non avevamo i pazienti Covid, adesso ci aspettiamo che il 10% dei posti letto saranno ancora occupati da loro».
Chi avrà la priorità adesso? «La priorità si dà alle prestazioni che devono essere svolte entro 72 ore – dieci giorni e quelle che lo specialista ritiene non siano procrastinabile. Noi abbiamo ripreso subito l’oculistica per esempio, non le visite di primo livello per cataratta, ma quelle per il glaucoma, patologia che può portate alla cecità. Diamo un ordine in base alla gravità, che piano piano ci porterà a soddisfare le esigenze anche delle patologie meno gravi», conclude Zanon.