“Finanziamenti per 7 milioni ad Hamas”: misure per tre associazioni e nove arresti. Anche il presidente dei Palestinesi in Italia
Sono accusati di associazione con finalità di terrorismo per aver finanziato Hamas con sette milioni di euro. Per questo la Digos e la Guardia di Finanza di Genova, insieme al Nucleo Speciale della Polizia Valutaria delle Fiamme Gialle, hanno eseguito nove misure cautelari di custodia in carcere nei confronti di altrettanti indagati. L’indagine riguarda anche tre associazioni, come si legge in un lungo comunicato firmato dal procuratore nazionale antimafia a antiterrorismo, Giovanni Melillo, e dal capo dell’ufficio inquirente del capoluogo ligure, Nicola Piacente. Tra le persone arrestate c’è anche Hannoun Mohammad Mahmoud Ahmad, presidente dell’associazione dei Palestinesi in Italia.
L’indagine, avviata e coordinata dalla Procura di Genova dopo l’atto d’impulso della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, è partita dall’analisi di operazioni finanziarie sospette e si è sviluppata anche grazie a scambi informativi con le autorità dei Paesi Bassi e di altri Paesi Ue. Secondo l’accusa gli indagati hanno finanziato Hamas, che “è stata designata come organizzazione terroristica da parte dell’Unione Europea (per quanto riguarda sia la cosiddetta ‘ala politica’ che quella cosiddetta militare)”. I finanziamenti, secondo le indagini, arrivavano attraverso varie associazioni tra cui l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (a.b.s.p.p) nata nel 1994, con sede a Genova, l’associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese – organizzazione di volontariato (a.b.s.p.p – odv), nata nel 2003, sempre con sede nel capoluogo ligure, di cui è legale rappresentante Hannoun Mohammad Mahmoud Ahmad, e l’associazione benefica cupola d’oro con sede a Milano, di cui è legale rappresentante Abu Deiah Khalil.
Le accuse: “Hanno costituito una cellula di Hamas”
Secondo le indagini, attraverso le tre associazioni sono stati effettuati finanziamenti all’attività dell’organizzazione terroristica sia “mediante operazioni di triangolazione attraverso bonifici bancari o con altre modalità tramite associazioni con sede all’estero, sia finanziando direttamente associazioni con sede a Gaza, nei Territori Palestinesi o in Israele, dichiarati illegali dallo Stato di Israele perché collegate ad Hamas, sia con contributi diretti agli esponenti di Hamas, in particolare Osama Alisawi, ministro del governo di fatto di Hamas a Gaza”. Secondo gli inquirenti “tale supporto ha riguardato anche il sostentamento – dei familiari di persone coinvolte in attentati terroristici ai danni di civili o – dei parenti di detenuti per reati con finalità di terrorismo, sostentamento che ha rafforzato l’intento di un numero indeterminato di componenti di Hamas di aderire alla strategia terroristica e al programma criminoso dell’organizzazione, anche compiendo attentati terroristici suicidi”. Secondo le accuse “Hannoun e alcuni suoi stretti collaboratori hanno costituito in Italia una cellula di Hamas e da molti anni operano nella raccolta di fondi destinati in tutto o in parte a detta organizzazione terroristica; – la costituzione di una cellula estera del movimento, sulla base degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini, non può ritenersi il risultato di una iniziativa personale di coloro che hanno dato vita all’associazione solidaristica italiana nei primi anni ‘90, ma, piuttosto, la realizzazione di un progetto strategico dell’organizzazione madre Hamas, che si è dotata di una struttura complessa, e dunque anche di cellule operanti all’estero, in grado di contribuire agli scopi propri del movimento”. L’indagine, chiariscono gli inquirenti, è iniziata successivamente all’attacco terroristico attribuito ad Hamas compiuto il 7 ottobre 2023. Tra i documenti che hanno dato impulso all’inchiesta anche “documentazione trasmessa ufficialmente dallo Stato di Israele nel contesto della cooperazione giudiziaria: in relazione ad un originario procedimento n. 15003/2003 R.G.N.R. (per il quale è stata ottenuta la riapertura delle indagini), in risposta ad alcune richieste di assistenza giudiziaria formulate dalla DDA di Genova”. Altra documentazione è stata rinvenuta “anche nel server della sede genovese dell’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese e tanto consente di ribadirne la autenticità”.
“Hannoun componente di vertice di Hamas”
Il comunicato stampa diffuso per dare notizia dell’indagine definisce Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, come “componente di vertice di Hamas“, accusato di aver destinato oltre il 70% di una raccolta fondi per fini umanitari per la popolazione palestinese al finanziamento diretto di Hamas o di associazioni collegate. Al presidente dell’associazione Palestinesi in Italia viene contestato di aver concorso a versare “dall’18 ottobre 2001 e, fino alla data odierna, ma soprattutto a seguito degli eventi del 7 ottobre 2023, ingenti somme di denaro, pari a € 7.288.248,15, sottraendo tali fondi alle finalità dichiarate e alle reali necessità della popolazione civile”. Dall’inchiesta sarebbero “documentati” i rapporti di Hannoun con “alti esponenti di Hamas” . Nel comunicato stampa si legge: “È infatti emerso che, nel mese di dicembre del 2025, questi fosse presente ad una riunione in Turchia alla quale ha preso parte, tra l’altro, Ali Baraka, esponente di spicco del comparto estero dell’organizzazione terroristica”. Gli investigatori sottolineano come l’indagine abbia “permesso di accertare che Hamas si è dotata di un comparto estero e di articolazioni periferiche che operano con lo specifico scopo di promuovere l’immagine dell’organizzazione e, soprattutto, di contribuire al suo finanziamento, che è condizione essenziale perché essa possa esistere, svilupparsi e cercare di raggiungere i propri scopi”. Inoltre vengono definite come “numerose e significative” le “conversazioni telefoniche e i contatti tra Hannoun e quanti rivestono analoghi ruoli in Olanda, Austria, Francia e Inghilterra”.
Gli altri indagati
Oltre ad Hannoun, ci sono altri otto indagati. Cinque sono accusati di aver condiviso con il presidente dei Palestinesi in Italia le decisioni riguardanti le iniziative da adottare attraverso le associazioni finite al centro dell’inchiesta per poter inviare denaro ad Hamas, nonostante i provvedimenti adottati dal circuito finanziario internazionale per impedire finanziamenti a fini terroristici e di aver raccolto per l’organizzazione, nel corso degli anni, oltre sette milioni di euro. Si tratta di Dawoud Ra’Ed Hussny Mousa, secondo l’accusa membro del comparto estero di Hamas e insieme ad Hannoun referente della cellula italiana, era dipendente dell’associazione benefica e responsabile, insieme a un altro degli indagati, Elasaly Yaser, della sede milanese; Al Salahat Raed, anche lui considerato membro del comparto estero di Hamas e dal maggio 2023 componente del board of directors della European Palestinians Conference, in Italia, dal luglio 2024, è referente per Firenze e la Toscana dell’associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese; Albustanji Riyad Abdelrahim Jaber, anche lui considerato membro del comparto estero di Hamas e anche lui dipendente dell’associazione benefica con la quale collabora promuovendo la raccolta fondi durante incontri propagandistici; Osama Alisawi, membro di Hamas di cui è stato ministro dei Trasporti, delegato a operare dal 2001 al 2009 sui conti correnti dell’associazione. Altri tre indagati, invece, sono accusati di concorso esterno dell’associazione: pur non facendone parte, infatti, sono accusati di aver finanziato Hamas assicurandole un concreto supporto finanziario. Si tratta di Abu Rawwa Adel Ibrahim Salameh, dipendente dell’associazione italiana e referente per il nord est Italia, Abu Deiah Khalil e Abdu Saleh Mohammed Ismail.
“Nelle intercettazioni apprezzamenti per gli attentati”
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, dunque, il denaro finito a Gaza non faceva parte “di elargizioni aventi unicamente scopo caritatevole e umanitario. Secondo la tesi accusatoria, in base agli indizi raccolti in anni di indagine, gli indagati si sono resi consapevolmente responsabili di aver sottratto capitali alle finalità assistenzialistiche della da’wa (trattasi delle attività svolte dall’organizzazione nei settori della religione, dell’istruzione, del benessere e della salute allo scopo di creare saldi legami con la popolazione palestinese) in favore di un finanziamento diretto dell’organizzazione terroristica e delle sue attività criminose”. Gli investigatori spiegano anche che “nel corso delle intercettazioni sono emerse espressioni di apprezzamento su attentati terroristici da parte di Mohamed Hannoun, Abou Falastin, Al Salahat Raed, Albustanji Riyad Abdelrahim Jaber (quest’ultimo ritratto, in una fotografia acquisita nel server di A.B.S.P.P. in divisa mimetica, armato di lanciarazzi, con i simboli delle Brigate Al Qassam, circondato da uomini armati palesemente appartenenti all’Ala militare dell’associazione terroristica degli attentati da parte dell’organizzazione), sintomatiche della loro adesione soggettiva all’organizzazione terroristica e, in particolare, alle modalità terroristiche di azione di HAMAS”.
“Indagini non cancellano i crimini di Israele a Gaza”
Il comunicato si chiude con questa considerazione dei due procuratori, Melillo e Piacente: “Come ovvio, le indagini e i fatti attraverso esse emersi non possono in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal Governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Corte Penale Internazionale, da rendersi in conformità allo Statuto di Roma, ratificato da 125 Stati Membri, fra i quali, in un ruolo di impulso e sostegno, l’Italia. Allo stesso tempo, tali crimini non possono giustificare gli atti di terrorismo (compresi quelli del 7 ottobre 2023) compiuti da Hamas e dalle organizzazioni terroristiche a questa collegate ai danni della popolazione civile, né costituirne una circostanza attenuante. Per la giurisprudenza di legittimità costituiscono, infatti, atto terroristico le condotte che, pur se commesse nel contesto di conflitti armati, consistano in condotte violente rivolte contro la popolazione civile, anche se presente in territori che, in base al diritto internazionale, devono ritenersi illegittimamente occupati”.
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