Cumrun Vafa ospite a Trieste: «Non capivo perchè la Luna non cadeva: i miei studi partirono da lì»
TRIESTE Oggi ricopre una delle più importanti posizioni accademiche degli Stati Uniti, la Hollis Chair di matematica e filosofia naturale dell’Università di Harvard. Nata nel 1727 con Thomas Hollis, che le ha lasciato in eredità il nome, rappresenta la più antica cattedra scientifica in America. Il fisico Cumrun Vafa non solo ha l’onore di occuparla dal 2018 ma è anche la prima persona nata fuori dagli Stati Uniti a diventare un Hollis Professor.
Vafa nasce infatti in Iran nel 1960, a Teheran, da genitori della minoranza turco-azera. Si sposta oltreoceano per studiare all’università nel 1977, pochi mesi prima della rivoluzione islamica. Frequenta le migliori università: prima una laurea al Mit di Boston in matematica e fisica, poi un dottorato a Princeton e infine l’arrivo a Harvard come ricercatore e poi professore.
Con le sue ricerche in fisica teorica, in particolare sulla teoria delle stringhe e sulla gravità quantistica, ha vinto diversi premi e riconoscimenti. Tra questi, nel 2008, la medaglia Dirac del Centro internazionale di fisica teorica “Abdus Salam” di Trieste.
Cumrun Vafa sarà uno degli ospiti più importanti del Festival Scienza e Virgola, che incomincia oggi, 4 maggio, e continuerà fino a martedì 9 maggio. Presenterà sabato 6 maggio, alla libreria Lovat, il suo ultimo libro, “Enigmi per decifrare il mondo” (edizioni Dedalo, 2022, pp. 256, 22 euro), insieme al professore di fisica teorica della Sissa nonché traduttore del libro, Giuseppe Mussardo.
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In che modo si possono usare gli enigmi per spiegare le leggi fisiche?
«Perché divertono! Dodici anni fa ho iniziato il mio corso all’Università di Harvard utilizzando alcuni semplici enigmi matematici per spiegare gli aspetti fondamentali delle leggi fisiche. Sono indovinelli che affascinano e divertono e rispondono a uno dei bisogni dell’umanità: capire come funziona l’universo. Questo corso l’ho poi trasformato in un libro, dedicato agli appassionati di scienza di tutte le età».
Lei si occupa di teoria delle stringhe e di buchi neri, insomma, di argomenti tanto complessi quanto affascinanti della fisica teorica. Ma quanto si riesce a comunicarli?
«La fisica teorica è una delle materie più comunicabili e divertenti! Gli esseri umani sono curiosi per natura. Siamo attratti dai buchi neri o da domande profonde come il Big Bang e l’inizio dell’universo: vogliamo saperne di più. Il compito dei fisici allora è di comunicare quello che abbiamo compreso di questi argomenti sorprendenti. Lo dobbiamo alla società, perché ci ha dato fiducia e ci ha permesso, attraverso fondi, di dedicarci ai nostri studi. Il minimo che possiamo dare in cambio è una spiegazione chiara di ciò che scopriamo».
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Quando è nato il suo interesse per la scienza?
«La prima volta me la ricordo bene: avevo otto anni e trovavo molto strano il fatto che la luna fluttuasse sopra la nostra testa, senza cadere. E allora chiedevo: «Perché non cade?». Volevo saperlo e non lo capivo».
Da queste domande sulla Luna che rimane lassù in cielo, com’è arrivato alla fisica teorica?
«Mi sono interessato più seriamente alla fisica nell'ultimo anno o due di liceo, ma non pensavo allora che diventare un fisico fosse una professione possibile. Ma intanto il mio interesse per questa disciplina continuava a crescere. Alla fine, ho deciso di studiare fisica quando ero al secondo anno del Mit, all’università».
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Lei è nato in Iran e oggi è un cittadino naturalizzato statunitense. Quanto è influenzato da queste due diverse culture?
«Intanto devo dire che mi sento molto fortunato a avere le radici in due culture diverse, quella iraniana e quella americana. La prospettiva di questo background misto porta una prospettiva importante al mio lavoro scientifico. E, in parte, ha proprio guidato la mia ricerca. Negli Stati Uniti, soprattutto nei decenni passati, era un background in un certo senso atipico tra i miei colleghi. E, secondo me, mi ha fornito delle intuizioni uniche».
Considerata anche la sua storia, quale ruolo può avere la scienza nella diplomazia tra i diversi Stati?
«Ritengo che la collaborazione scientifica tra persone di culture diverse porti il meglio dell’umanità e delle relazioni interculturali. Vorrei che i politici prendessero nota di questa atmosfera di collaborazione condivisa tra gli scienziati. La scienza è un’avventura senza confini. E vorrei che anche gli affari umani fossero un po’ senza confini».
Questo modello viene promosso da diverse organizzazioni. Penso, per esempio, all’Ictp di Trieste. Quanto è importante che esistano queste istituzioni?
«È importantissimo! Per me è importante anche da un punto di vista personale. Sono arrivato a Trieste per la prima volta nel 1984, grazie al Centro di fisica teorica, per poi tornarci spesso. Siamo così affezionati alla città che, qualche anno fa, io e mia moglie Afarin abbiamo anche deciso di comprarci una piccola casa. Trieste è come una seconda casa per la nostra famiglia».
Per tornare a Scienza e virgola, qual è ultimo libro che ha letto?
«Un libro sulla vita di Enrico Fermi, scritto da sua moglie Laura Fermi. Si intitola “Atomi in famiglia” (pubblicato in italiano da Mondadori). Mi è piaciuto molto e in generale mi piacciono molto i libri biografici. Lo consiglio».
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