Coronavirus, a Suzzara la Bondioli&Pavesi riparte e la Fiom proclama lo sciopero: chi ha paura stia a casa
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Intanto salgono quota 577 le aziende mantovane che hanno ottenuto la deroga al blocca-fabbriche
MANTOVA. Anticipato dalla proclamazione dello stato di agitazione, alla Bondioli & Pavesi di Suzzara siamo di nuovo allo sciopero per tutelare i lavoratori che in fabbrica non si sentono sicuri. Partirà il 7 aprile e durerà fino al 10 aprile «per tutte le ore necessarie» spiega il segretario della Fiom Cgil Marco Massari. Intanto le deroghe al blocca-fabbriche prorogato fino al 13 aprile hanno raggiunto domenica quota 577 su 1.300 domande arrivate in prefettura.
Bondioli & Pavesi: sciopero fino al 10
La decisione di proclamare lo sciopero è stata presa dopo un ultimo incontro il 6 aprile tra le Rsu della Fiom Cgil e i vertici aziendali della Bondioli & Pavesi definito «deludente» dal segretario del sindacato Massari. All’ordine del giorno: le modalità con cui la società aveva programmato il ritorno alle attività, a partire da ieri, dopo una settimana di chiusura e in deroga al decreto con cui il 1° aprile il presidente del consiglio ha prorogato il blocca-fabbriche fino a dopo Pasqua «Non è stato capito – spiega Massari – lo spirito delle nostre richieste all’ingegner Bondioli, hanno cercato di girare attorno al problema senza dirci quali ordini devono essere consegnati entro il 13 aprile e quante persone servono in attività. Si è fatto solo un generico riferimento a un’ipotetica riduzione di personale senza entrare nel merito, mentre sin da subito è emersa un’attenzione maggiore alla produzione che alla salute dei lavoratori».
Nella lettera inviata nei giorni scorsi dal sindacato all’ingegner Carlo Bondioli si chiedeva quali fossero in azienda le attività, ritenute funzionali alla filiera delle produzioni consentite dal governo, che hanno comportato la ripartenza con una settimana di anticipo e quanti e quali dovevano essere i lavoratori coinvolti prevedendone nel caso la volontarietà come condizione. Dopo una prima apertura sfociata nella convocazione del tavolo di ieri, si è poi arrivati allo sciopero. «Non si è capito se l’azienda intendesse operare una riduzione dell’attività lavorativa a livello operaio e in quali tempi – aggiunge Massari – e considerato il fatto che da tutti, questa settimana è ritenuta cruciale per arrivare ad una fase meno emergenziale della lotta contro l’epidemia in corso, questo comportamento ci lascia esterrefatti. Noi non vogliamo sottrarci ad una responsabilità che avevamo chiesto fosse di entrambe le parti. Per questo motivo la segreteria provinciale proclama l’astensione unilaterale dal lavoro per tutti coloro che ritengono utile rimanere a casa per fermare il contagio». Uno sciopero di “copertura” quindi che scatterà da oggi e «per tutte le ore necessarie fino al 10 aprile».
Deroghe a quota 577
Intanto aumentano, pur non senza limitazioni, le deroghe concesse dalla prefettura al decreto blocca-fabbriche: l’ultimo elenco è di domenica pomeriggio per un totale di 577 su circa 1.300 richieste pervenute in via Principe Amedeo. Richieste che, lo ricordiamo, sono autocertificazioni presentate da aziende che non rientrano nell’elenco delle attività essenziali riconosciute dal decreto del presidente del consiglio del 22 marzo, ma che ritengono di essere determinati per la filiera di quelle consentite. Con la possibilità, data dal decreto stesso, di continuare a produrre nell’attesa di una risposta affermativa o negativa da parte della prefettura.
Numerosi tra quelli che hanno ottenuto il via-libera sono ad esempio i calzifici piuttosto che i laboratori di confezioni tessili sparpagliati nell’Alto Mantovano che possono proseguire l’attività solo per “filiera produzione mascherine”, si legge, e con “sospese le restanti attività”. Non mancano poi tra le deroghe aziende che producono macchine agricole, industrie metalmeccaniche, quelle del settore legno, imprese edili. E mentre i sindacati continuano a segnalare casi borderline e a chiedere verifiche alla prefettura sul rispetto anche delle limitazioni imposte, diventa sempre più difficile da stimare il numero di persone che devono continuare a recarsi sul luogo di lavoro dove quelli per “deroga” vanno comunque ad aggiungersi ai dipendenti delle attività essenziali rimaste aperte. Secondo uno studio realizzato per la Cgil nazionale da Matteo Gaddi della Fondazione Claudio Sabbatini questi ultimi sono quasi 8mila solo nel settore metalmeccanico e chimico -tessile mantovano: la percentuale di metalmeccanici che lavorano nelle imprese che possono restare aperte è pari al 13,5%, numero assoluto 2.797. Anche nel settore chimico-tessile-plastica-gomma la percentuale di chi è costretto ad andare al lavoro è inferiore al 30% (4.661) e comprende anche i lavoratori dell'energia, del gas, dell'acqua che sono servizi fondamentali e che non possono chiudere. Resta da chiedersi se il blocco per fermare il contagio alla fine ci sia stato per davvero.