Zaia e Tosi, il duello senza fine dei due ex golden boy della Liga

foto da Quotidiani locali

«Non si sono mai presi: troppo vincenti e rampanti per le stesse ambizioni». Il veterano leghista fotografa i rapporti tra Flavio Tosi e Luca Zaia, quando erano i big della Liga Veneta. Con una sola eccezione, un asse congressuale per decidere il successore di GianPaolo Gobbo, con una chiarissima spartizione, allora: Zaia (già) presidente della Regione, e Tosi leader assoluto del partito.

In Regione era entrato primo il veronese, già nel 2000: subito capogruppo. Politicamente, è figlio di Comencini. Ma durerà poco, in quel ruolo, perché la prima finanziaria scatena le ire di Forza Italia (corsi e ricorsi...) e in particolare di Barbara Degani, coordinatrice azzurra con Marangon capogruppo

Zaia arriverà a Venezia nel 2005, e a palazzo Balbi da presidente della Provincia e golden boy della Lega trevigiana. Direttamente alla vicepresidenza, retta per tre anni prima di entrare nel governo Berlusconi come titolare dell’Agricoltura .

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Ma l’ultima giunta Galan, per Tosi, avrebbe segnato una svolta: nel 2005 il potentissimo referato alla Sanità sarebbe passato da Forza Italia (Gava) alla Lega, sulle sue spalle.

E comincerà un lungo presidio scaligero su quella poltrona chiave, anche quando Tosi “smonterà” dalla giunta veneta per correre a sindaco di Verona e governare la città per 10 anni.

Nel 2010, Zaia farà invece il grande salto, quando Forza Italia verrà sgambettata nientemeno che dal patron Berlusconi in persona: disco verde al Carroccio quando pure gli azzurri avevano vinto lo sprint alle Europee 2009 (un punto in più) e si aspettavano come da patti di poter esprimere il successore di Galan.

Tosi, da Verona, non avrebbe mai perso di vista la Regione, e va detto che non ne ha mai fatto mistero. Nel 2015 la rivendicazione di una staffetta con Zaia e la contestuale iscrizione alla fondazione “Ricostruiamo il paese”,quindi il lancio del movimento “Fare!” gli costeranno infine l’espulsione, da parte diSalvini , dopo il commissariamento di Dozzo.

Altro che incassatore: Tosi non se la mette via. E dopo diversi laboratori politici, prima si avvicina a Forza Italia, quindi irrompe, è il caso di dirlo -sulla prima poltrona del partito azzurro in Veneto, benedetto da Berlusconi.

E da quel momento, riparte la campagna per il rilancio di Forza Italia e la corsa a Venezia.

Da un lato la campagna acquisti di leghisti scontenti (Boron e Vallardi fra gli altri) o di ex fedelissimi, strappi preelettorali (a Vittorio gli azzurri con il ribelle espulso Da Re); dall’altro bordate alla sanità veneta e alle rette delle case di riposo (totem intoccabili per Zaia e Lega), logoramento sull’autonomia e lancio di Forza Nord.

E adesso il leader azzurro Tajani sponsor instancabile di Tosi come successore di Zaia, cui non devono essere andati giù i continui richiami alle possibili «concentrazioni di potere», così come i sottili distinguo sul «terzo mandato, che in realtà sarebbe il quarto».

Era scontro annunciato, ora è ring a cielo aperto. Va detto che i leghisti l’avano subito intuita: « Tosi è pericoloso , ci conosce come pochi». Un anno, e gli effetti della sfida si vedono tutti. Nel cuore della Regione.