Mais, costi raddoppiati per il principale prodotto agricolo friulano: molti potrebbero rinunciare alla semina
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foto da Quotidiani locali
UDINE. Esplosione dei prezzi di energia, carburanti e materie prime e la guerra in Ucraina potrebbero avere conseguenze nefaste sulle principali coltivazioni in regione.
In particolare si temono ripercussioni sul mais, che in Friuli rappresenta il prodotto principe della terra, con oltre 4 milioni e 400 mila quintali venduti nel 2021.
Ma anche il grano che in Friuli è quasi scomparso dai radar (solo 300 ettari nel 2021 contro i circa 8 mila degli anni precedenti) potrebbe essere interessato da un aumento fortissimo dei prezzi e dalle mancate importazioni dal Donbass, dalle regioni del sud dell’Ucraina che si affacciano sul Mar Nero, vero e proprio granaio d’Europa.
E quindi a cascata sugli scaffali dei supermercati o delle panetterie potrebbero costare di più pasta, pane, biscotti, grissini, tutti generi alimentari di uso comune.
Le preoccupazioni per il mais
C’è malumore diffuso tra gli agricoltori friulani. Tanto che più di qualcuno potrebbe alzare bandiera bianca e rinunciare alla semina di mais, che comincerà tra un mese esatto, ai primi di aprile.
Molti ritengono non più redditizio pagare il doppio (da mille a 2 mila euro l’ettaro) per la preparazione del terreno. Il presidente regionale di Copagri Valentino Targato teme che addirittura un 30% di coltivatori possa dismettere il mais.
E visto che nel 2021 sono stati coltivati oltre 46 mila ettari, se quest’anno venissero a mancare 12,15 mila ettari di prodotto sarebbe un bel guaio. In particolare per la zootecnia, che dovrebbe cercare da altri parti il mangime per gli animali. Insomma siamo di fronte a una classica situazione di “cane che si morde la coda”.
Copagri: banche e politica in campo
«Gli agricoltori hanno paura dell’esposizione finanziaria - dice il presidente di Copagri Valentino Targato - . Il ragionamento che fanno è: “spendo tantissimo per preparare il letto di semina e poi cosa succede”? Come rientro dalla spesa? Quanto mi verrà pagato il prodotto?”.
Da aggiungere che l’Ucraina era il nostro granaio di riserva, ci garantiva dal 30% al 40% del fabbisogno italiano, sia di mais che di grano e questo verrà sicuramente a mancare perché sarà impossibile che i contadini seminino sotto le bombe.
Mi auguro che ci siano agevolazioni delle banche per sostenere gli agricoltori, che sono consapevoli di avere una funzione sociale nel garantire il cibo.
L’agricoltore deve rimboccarsi le maniche, non pensare ai costi di partenza. Se viene a mancare un 30% dei 50 mila ettari coltivati a mais in Friuli, questo fatto domani mattina va a incidere sul costo finale di quello che mangiamo, di quello che compriamo nei negozi.
Senza mais non si può garantire la sussistenza degli animali nelle stalle, o creare alcuni tipi di pasta senza glutine. È vero che oggi il quintale di mais vale 30 euro, un anno fa era a 19, 20 euro, ma sono pure raddoppiati i costi per produrlo, semi, gasolio, fertilizzanti, irrigazione.
Chi deve seminare tanto mais ha un esborso di denaro molto importante, a tanti manca la liquidità. Il credito è disposto a dare una mano? Le banche si sono già mosse attraverso le associazioni come Copagri, Consorzio agrario.
Sarebbe importante che la politica, sui finanziamenti delle banche, possa intervenire con il pagamento di un tasso agevolato sulle operazioni di acquisto dei mezzi tecnici. Gli agricoltori friulani sono in ansia, perchè stanno fronteggiando un problema nuovo e di difficile risoluzione».
Consorzio: contratti di filiera
«Questi sbalzi dei prezzi creano molti timori, non siamo in grado di capire quale sarà l’andamento, al momento dei raccolti - ammette il presidente del Consorzio agrario del Friuli Venezia Giulia Gino Vendrame - . Il gasolio è raddoppiato, le sementi sono carissime, così come i fertilizzanti.
Il prezzo finale del mais è comunque aumentato, quota circa 35 euro al quintale e oscilla giorno per giorno, sono prezzi elevati, mai visti prima. Il punto è capire quanto varrà il mais al momento della raccolta.
A mio parere servono accordi di filiera per chiudere la partita già adesso, con un prezzo prefissato per evitare pericoli per chi vende e chi produce. Servirebbero contratti che tutelano tutti gli attori della filiera.
Il problema è reperire le materie prime, qualche ditta di fertilizzanti e concimi ha sospeso le produzioni. Adesso c’è un clima di grande incertezza causato dalla guerra in Ucraina, in più la Cina da anni sta facendo man bassa di granaglie e così i prezzi aumentano.
Dobbiamo cercare di suddividere il rischio con la filiera. Inoltre c’è molta siccità qua in Friuli, dovremo gestire anche questo problema, abbiamo riserve idriche, ma le prospettive spaventano per un ulteriore ricarico sui costi.
Il mondo zootecnico è preoccupato, perché comprano mangini attualmente a costi elevatissimi. Io penso che il rischio che gli agricoltori rinuncino al mais non ci sia, perché se restano queste quotazioni, continua a essere economicamente vantaggioso.
Anche noi proponiamo contratti di filiera con i soci per dare una giusta remunerazione a chi produce. Come Consorzio agrario abbiamo stretto una collaborazione con FriulAdria CreditAgricole per dare un aiuto a chi ha necessità di liquidità.
Le importazioni dall’Ucraina sembra che non ci saranno, l’indipendenza di uno Stato si basa anche sull’indipendenza alimentare, se c’è una guerra ognuno tira l’acqua al suo mulino. Importante è renderci più autonomi.
Il Friuli non è zona di grano, soia e mais la fanno da padrone. Per il grano non siamo l’ideale, va meglio altrove».
Confagricoltura monitora
«Riguardo alle semine del mais, la situazione è molto dinamica essendo legata sì, all’aumento dei costi di coltivazione, ma anche al prezzo di vendita della granella - spiega Philip Thurn Valsassina, presidente di Confagricoltura Fvg - . Infatti, in questi ultimi giorni si è verificato un aumento del prezzo medio della granella di circa il 20%.
Sulla piazza di Udine siamo passati dai 284 euro alla tonnellata del 25 febbraio ai 324 euro del 4 marzo. Questi livelli rendono ancora conveniente la coltura, molto importante in termini numerici, con oltre 46 mila ettari coltivati nel 2021, e di bilancio per tante imprese regionali. Ovviamente, questo significa due cose.
Primo: che chi utilizza il mais in zootecnica subirà un problema di aumento dei costi che, in alcuni casi, potrebbe rendere non più conveniente produrre latte o carne.
Secondo: che oramai non pare più procrastinabile un aumento dei prezzi al consumo “scaricando”, almeno in parte, la crescita dei costi di produzione sugli acquirenti finali.
Per prendere una decisione più ponderata per le semine, ritengo che i maiscoltori monitoreranno l’andamento di costi e prezzi ancora per una decina di giorni».
Grano insufficiente
Il Friuli non è tradizionalmente territorio adatto alla coltivazione del grano, nel 2021 la produzione era già crollata ad appena 300 ettari, quest’anno ce ne saranno di più, ma non sufficienti. Inoltre verranno a mancare, con ogni probabilità, le importazioni dall’Ucraina, che rappresentano il 30, 40% del fabbisogno.
Alternative di approvvigionamento non ce ne sono molte, a parte il Canada, dove però il grano è trattato con il glifosate, erbicida messo al bando dall’Ue. A pesare sugli attuali rincari non è comunque il rialzo del prezzo del grano tenero, che incide pochissimo (8,5 per cento) sul costo scaffale di pane, prodotti da forno e da pasticceria.
Secondo Cia Fvg-Agricoltori Italiani, sono i maggiori costi di elettricità, gas, carburante per la logistica, imballaggi a impattare sull’industria della panificazione e sulla distribuzione. —
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