ISCRO, come funziona la «cassa integrazione» per i lavoratori autonomi
Nel mondo del lavoro c’è un ritornello piuttosto popolare secondo cui i lavoratori autonomi non hanno nessuna tutela. In realtà negli ultimi anni qualcosa si è mosso e in questi giorni l’ultima Legge di Bilancio ha introdotto in via sperimentale una misura che si potrebbe definire epocale. I professionisti che lavorano con una partita IVA nei prossimi anni potranno infatti beneficiare di una sorta di cassa integrazione. La sigla che la descrive, come spesso accade, è piuttosto cacofonica (ha un suono bruttarello, insomma): ISCRO, cioè Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa.
Per gli autonomi potrebbe rappresentare un paracadute per momenti di magra che presumibilmente, vista la situazione economica connessa alla crisi sanitaria, nei prossimi mesi saranno numerosi. ISCRO sarà attiva per la prima volta nel triennio 2021-2023 e in questa finestra può essere richiesta una volta sola. Verrà erogata per sei mesi e l’importo corrisponderà al 25% dell’ultimo reddito certificato dall’Agenzia delle Entrate calcolato su base semestrale; la rata mensile dovrà comunque essere compresa in un intervallo che va da 250 a 800 euro. Non moltissimo, insomma, ma sempre molto meglio di niente.
L’ISCRO è destinata solo ai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata dell’INPS; questo significa che fra gli altri sono esclusi dalla misura i professionisti che versano i contributi previdenziali a casse private: avvocati, architetti, giornalisti per citarne solo tre.
Ciò che ha suscitato qualche perplessità sono i requisiti per richiederla (che trovate nella gallery all’inizio dell’articolo). Proprio questi hanno prodotto un giudizio piuttosto severo sulla norma da parte dell’ACTA, l’associazione dei freelance. «La misura adottata appare un contentino, più simbolica che reale, atta a dimostrare di aver fatto qualcosa, non a costruire un efficace sistema di ammortizzatori sociali per chi è escluso da quello attualmente esistente» commentano dall’associazione. Fra le debolezze evidenziate ci sono l’esiguità della platea dei possibili beneficiari e i tempi di erogazione che non corrispondono alle reali esigenze di sostegno economico dei lavoratori autonomi.
Il primo punto in particolare merita qualche spiegazione in più. Per ottenere l’ISCRO un lavoratore autonomo nell’anno precedente alla richiesta dovrà «vantare» un calo del reddito del 50% rispetto alla media dei tre anni passati. Ma non basta: nell’anno che precede quello in cui si fa la richiesta, occorre un reddito inferiore a 8145 euro.
Proviamo a dare i numeri immaginando di fare richiesta nel 2021. Nel 2020 supponiamo di aver prodotto reddito per 8mila euro, quindi nei limiti consentiti; se vogliamo provare a ottenere l’ISCRO, significa che la media dei redditi del triennio 2017-2019 dovrà essere superiore a 16mila euro. Speriamo sia chiaro, per quanto non semplice.
Attenzione, però, la legge parla di redditi, non di incassi. Come ci ha spiegato il dottore commercialista Fausto Ferrara «si tratta di un reddito piuttosto basso che quasi sempre riguarda chi si trova nel regime forfettario. È piuttosto raro, infatti, che un lavoratore autonomo con un reddito così contenuto non abbia aderito negli anni a questo regime fiscale agevolato. Un professionista generico in questo regime ha un’aliquota – il cosiddetto coefficiente di redditività – del 78%. Se prendiamo questo come riferimento, senza tener conto degli oneri INPS deducibili, significa che il totale annuo delle fatture incassate corrisponde a 10.442 euro. Se un lavoratore ha fatturato più di questa cifra, che corrisponde a una media di incassi mensili di circa 870 euro, non avrà diritto all’ISCRO. Devo dire che per quanto questo reddito annuo sembri basso, esistono diversi autonomi che nel 2020 vi rientrano per quello che posso constatare nel mio lavoro».
E anche sul secondo aspetto, Ferrara ricorda che «l’ISCRO va richiesta entro il 31 ottobre, ma nel frattempo gli autonomi dovranno anche pagare le tasse su un anno turbolento per quanto riguarda il lavoro. Si spera inoltre che la procedura per richiederla non venga attivata pochi giorni prima della scadenza, come avviene in altri casi». Insomma, l’aiuto economico arriverà, ma forse non nel momento in cui – considerati anche i tempi per processare la richiesta ed erogare le somme – il lavoratore ne avrà bisogno.
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