Clubhouse, che cos’è e come funziona il social solo audio (amato dai vip)
Per molti è il social del prossimo futuro: niente testi, foto, video, shopping, storie. Niente like o condivisioni. Solo tante stanze e la propria voce. Già, la voce. Un mix fra mondo del podcasting, ovviamente dei social col meccanismo dei following e dei follower e una specie di diretta permanente, Clubhouse – che dovrebbe vantare già circa due milioni di utenti ed è in rapidissima crescita – è nato dalla mente di Paul Davison e Rohan Seth (ex Google) e, per il momento, è disponibile in Italia solo per iOS e su invito. Ma accedere, come abbiamo fatto in pochi minuti, non è poi così difficile: basta mettersi in fila e se qualcuno dei propri contatti è già dentro può sbloccarvi l’accesso. Altrimenti occorre ricevere un invito da un utente che scelga proattivamente di portare qualcuno dentro la nuova piattaforma.
Il funzionamento è piuttosto semplice: ci si verifica col numero di telefono, si sceglie un nickname, si inseriscono nome e cognome e si personalizza la bacheca selezionando alcuni interessi generali. Dopodiché si accede e tutto quello che si trova a disposizione sono appunto delle stanze audio: immaginatele come delle call, delle chiamate di gruppo in cui si affronta con un sacco di utenti, alcuni anche di un certo rilievo, qualsiasi argomento. Si può scegliere di ascoltare oppure di alzare la mano e chiedere la parola, quindi dire la propria. O ancora, si possono invitare alcuni amici e contatti all’interno di quella stanza, per condividere l’ascolto.
Ovviamente chiunque può lanciare una stanza, decidere il tema della discussione, e proporla a tutti gli utenti. Decidendo che sia aperta senza limiti di accesso, chiusa o che la partecipazione sia possibile solo alle persone seguite. Se ne possono anche programmare, e infatti c’è un calendario con orari e prossimi appuntamenti in arrivo. Tutto molto pulito e facile da utilizzare anche se, ovviamente, al momento la stragrande maggioranza delle conversazioni in corso è in inglese.
Fondata lo scorso aprile, in piena prima ondata di coronavirus, Clubhouse ha pian piano sollevato l’interesse non solo per l’adesione di alcune personalità come Oprah Winfrey, Drake, Kevin Hart, Ashton Kutcher o Chris Rock, che ne hanno spinto la popolarità, ma anche per la sua esclusività e la sua scarsa connessione con altre piattaforme (a parte Twitter, da cui all’inizio, volendo, pesca foto e altre informazioni personali). A maggio ha raccolto 12 milioni di dollari di finanziamenti dal celebre fondo di venture capital Andreessen-Horowitz, che pochi giorni fa ha messo sul piatto altri cento milioni, portandone la valutazione a un miliardo.
Quello che accade nelle stanze non può essere scaricato né registrato o condiviso. E Clubhouse sta già pensando a come consentire alle persone di monetizzare, pescando da sistemi già diffusi su altre piattaforme – vedi TikTok o YouTube – con biglietti per l’accesso, mance o abbonamenti alle stanze lanciate da questo o quel personaggio.