Lo smart working in pigiama può causare problemi mentali
Lo smart working è divisivo. Chi lo ama, come coloro che beneficiano dei benefit del lavorare da casa: maggior tempo per se stessi, per la famiglia, per stare più vicino ai figli. Di solito sono quelli che durante le riunioni di lavoro da remoto sono vestiti di tutto punto, con vestiti puliti e stirati, come se fossero in ufficio. Dall’altra parte i «caotici» coloro che a casa «si perdono». Sono quelli che, senza arrivare all’estremo di indossare giacca e cravatta e sotto niente, indossano spesso gli stessi vestiti da giorni, e che, nei casi più estremi, neanche si cambiano, lasciandosi indosso il pigiama.
EH NO, NON È UNA COSA DA FARE
Quest’ultima tipologia di smart worker non ha sicuramente beneficiato del lavorare da casa, come ci conferma la psicoterapeuta Fiona DeMichelis: «Perdersi dentro il proprio nido è possibile. È una metafora, certo, ma fotografa lo stato di salute mentale che un certo lassismo può portare a lungo andare. Per scongiurare di perdersi dentro il proprio nido, se non si è abituati allo smart working, è necessario creare una routine funzionale a dividere la vita privata dal lavoro, anche se gli stessi si consumano sotto lo stesso tetto. Tra questi c’è quello di iniziare e finire più o meno allo stesso orario e fare molte pause. Uscire se possibile e, fondamentale, prima di mettersi al computer è bene vestirsi e indossare vestiti puliti e adeguati al nostro ruolo, a maggior ragione se dobbiamo fare riunioni da remoto».
COMODO LO SMART WORKING MA MEGLIO NON LASCIARSI PRENDERE LA MANO
Lo smart working è una modalità comoda e innovativa per portare avanti il proprio lavoro senza recarsi in ufficio, ma meglio non farsi prendere la mano dalla comodità. Sull’argomento è Nibol, piattaforma che permette di prenotare postazioni di lavoro all’interno di caffetterie selezionate, sale meeting e spazi di lavoro privati, a effettuare un’indagine che ha visto partecipare 20mila utenti, i quali hanno fatto emergere alcuni motivi che possono rendere la casa il peggior luogo di lavoro. Anzitutto la solitudine che si vive lavorando tra le mura domestiche e poi le difficoltà della condivisione degli spazi domestici con il partner, magari anche lui in smart working, i figli impegnati con la didattica a distanza e gli animali domestici. Tra le altre problematiche, il 20% sostiene che il lavoro da remoto faccia perdere il work-life balance poiché fonde inevitabilmente l’ambiente professionale con quello privato, facendoci addirittura consumare i pasti mentre siamo al computer o in call con i colleghi.
LA COSA IN ASSOLUTO DA EVITARE
Tra le problematiche elencate dal sondaggio non c’è la sciatteria, ma lavorare da casa in tuta o peggio in pigiama, più che essere percepito come problema è forse il sintomo di un disagio e può provocare un deterioramento della salute mentale. A dirlo è un serissimo studio australiano condotto dagli accademici del Woolcock Institute of Medical Research di Sydney nel pieno del lockdown di aprile e maggio e pubblicato dal Medical Journal of Australia. A sottoporsi all’indagine 163 tra scienziati e ricercatori.
EH SÌ, MINA LA TUA SALUTE MENTALE
Dallo studio è emerso che chi ha tele-lavorato in pigiama ha manifestato peggiori condizioni di salute mentale, rispetto a chi si vestiva come per uscire o per stare con i figli. «Una maggiore percentuale di persone che indossano il pigiama durante le ore di lavoro riporta un declino di salute mentale durante la pandemia rispetto a chi si veste prima di andare al computer», sono le conclusioni degli autori della ricerca. Quindi, se volete lasciare a casa stress e tensioni, meglio pensarci prima di tenere il vostro pigiama addosso anche durante le ore lavorative, mangiare ininterrottamente davanti al computer e non fare mai pause.
Per sapere come migliorare le ore di lavoro a distanza, date un’occhiata alla gallery sopra: sono forniti 10 consigli per evitare l’abbruttimento fisico da smart working.