Regé-Jean Page, il duca di Bridgerton: «Il mio primo e più grande amore»
Regé-Jean Page sa perfettamente di essere attraente. E riesce a rendere sexy persino un cucchiaio, a cui per inciso è stato dedicato anche un profilo Instagram. Potere dei Bridgerton? Assolutamente sì! La serie-evento di Netflix ha collezionato in due settimane 63 milioni di visualizzazioni, diventando la quinta produzione originale più vista della piattaforma.
Durante l’incontro su Zoom, però, il giorno prima di parlare con Phoebe Dynevor aka Phoebe (l’intervista completa qui), l’interprete di Simon, duca di Hastings, ancora non sapeva che a Natale sarebbe diventato una star. Tutto merito di Shonda Rhimes (Grey’s Anatomy): tramuta in oro tutto quello che tocca, come il Re Mida, e nello specifico trasforma perfetti sconosciuti in sex symbol, come sa bene il Dottor Stranamore Patrick Dempsey, che dopo il successo degli Anni Ottanta era finito nel dimenticatoio prima d’indossare il camice di Derek Sheperd.
Di Regé-Jean Page oggi si dice persino che potrebbe diventare il prossimo James Bond. Il web è talmente avido di sue foto da aver scovato un fotogramma di Harry Potter e i doni della morte parte 1 in cui si nota di sfuggita accanto a Hermione/Emma Watson al matrimonio di Bill Weasley con Fleur.
Un paio di settimane prima che si scatenasse la duca-mania, quindi, quando Vanity l’ha conosciuto – anche se purtroppo sono in versione virtuale – tutto questo non era ancora accaduto e il 31enne attore inglese con origini zimbabwesi ancora si agitava sulla poltrona della sua stanza, non proprio disinvolto. «L’intervista è video?» chiede immediatamente dopo i saluti di rito. Quando viene rassicurato di no allora si tranquillizza, tira un sospiro di sollievo e quasi si accascia. La tensione, si vede chiaramente, è tutta sulle sue spalle: per vent’anni le lettrici di Julia Quinn hanno aspettato di dare un volto al romantico protagonista de Il duca e io (Oscar Bestseller Mondadori), che tanto le ha fatte sognare ad occhi aperti, pagina dopo pagina, nel romanzo iniziale della saga.
A vederlo così, in un semplicissimo dolcevita nero e un accenno di barba, sembra ben più ragazzino del suo alter ego, ma non certo meno in apprensione per il ruolo che lo aspettare. D’altronde soddisfare aspettative di perfezione così alte non dev’essere facile.
Gli abiti dell’Ottocento le donano, non crede?
«Forse, ma è un’epoca troppo rischiosa per i miei gusti, preferisco la modernità».
Come se la cava con le pressioni di dar vita ad un personaggio letterario tanto amato?
«Lo considero un privilegio… e intanto cerco di non pensare alle eventuali critiche».
È pronto all’invasione della privacy?
«Il gossip non fa per me e mi tengo stretto il privato. Sono uno spirito curioso, mi affascina la gente e so che il compito dell’attore è catturare la verità nei sentimenti, ma non leggo giornali scandalistici».
La sua postura tradisce qualche segno di nervosismo. È sicuro di essere così disinvolto come vuole farci credere?
«Che dire? Ho una buona faccia da poker…».
In cos’altro è bravissimo, oltre a mantenere un basso profilo?
«Nella musica: è sempre stato il mio rifugio, il mio primo amore».
E in cosa vorrebbe migliorare?
«Ad andare sullo skate. Da ragazzino ero bravissimo e mi piacerebbe fare un po’ di pratica».
A proposito di allenamento, com’è andato quello per interpretare il duca?
«È stato piuttosto faticoso: sveglia all’alba, seguita da un’ora di allenamenti con un personal trainer e poi lezioni ininterrotte, di equitazione, scherma, pesi, ballo… tanto che a fine giornata mi sentivo letteralmente sfinito».
Ha guardato qualche serie in costume per lasciarsi ispirare?
«L’ho evitato accuratamente, anche per evitare di copiare quanto già fatto o cosa ci si aspetta da un period drama. Shondaland si basa sull’originalità e, anche se avevo amato serie come The Great, ho cercato di non fare confronti».
Non solo originalità ma inclusività, giusto?
«La diversity di Bridgerton rappresenta il mondo in cui viviamo e il pubblico di oggi, anche in un genere, la serie in costume, in cui di solito non si è abituati a vederla. All’epoca (le persone di colore, ndr.) facevano parte della società, ma non sono stati raccontate e invece è giusto che siano viste e incluse».
Le riprese sono state ritardate a causa del Covid-19?
«No perché il set ha chiuso prima che la pandemia dilagasse».
E per quanto riguarda la storia d’amore di Simon e Daphne?
«La loro forza sta nell’imperfezione, che li rende così simili a noi. Il realismo di Bridgerton è anche in questo, no?».