Tutta la filosofia dei novant’anni di Clint Eastwood
«Da un lato c’è il dato oggettivo, il monumento della storia del cinema americano, un classico vivente. Dall’altro c’è una specifica portata filosofica del suo linguaggio: cantore della storia americana e contemporaneamente narratore storie con una portata universale con una continua riflessione su grandi questioni etiche che rimangono insolubili. È un pensatore contemporaneo che sa superare il contesto, apre pieghe non vedevamo». Lucrezia Ercoli direttrice del festival Cinesophia non parla di uno scrittore o di un filosofo, ma di Clint Eastwood.
Il texano dagli occhi di ghiaccio, l’ispettore Callaghan, l’uomo con e senza il cappello dei western di Sergio Leone compie novant’anni. È nato il 31 maggio del 1930 ed è ancora più che mai attivo. L’ultimo film Richard Jewell è uscito pochi mesi e come tutti gli ha fatto uscire dal cinema gli spettatori con una riflessione da fare.
Partendo da questo pensiero il festival dedica una serata, quella del 31 maggio, all’attore e regista pluripremiato agli Oscar. Nell’appuntamento in streaming Gli eroi sono stanchi, alle 21 e 30, dieci filosofi ricostruiranno la filosofia che si trova nei suoi film (le anticipazioni sono nella gallery in alto).
Si parte dalla trilogia del dollaro di Sergio Leone e si arriva ai film degli ultimi anni in un percorso di continua crescita. «Nell’immaginario rimane il cavaliere con gli occhi di ghiaccio, l’eroe western immortalato da Sergio Leone con poncho e sigaro», spiega la direttrice, «ma è diventato un narratore di storie, un autore che ha costruito una poetica orientata alla semplicità dei classici, ai temi della tragedia antica, senza i colpi di scena e la tecnologia del cinema post moderno».
Della sua poetica ha fatto una cifra che lo rende sempre riconoscibile. «È rimasto qualcosa della sua prima esperienza: quella recitazione minimale, quelle frasi sibilate, sbiascicate, quell’andatura dinoccolata è cifra dei suoi eroi stanchi, cinici disillusi, ma in cerca di riscatto».
Non ci sono giri di parole nei film di Clint Eastwood, solo frasi lapidarie e i volti che raccontano più di mille parole. «Tratteggia il suo linguaggio cinematografico attraverso i volti che sceglie. Fa parlare loro il suo linguaggio e per se stesso è stato miglior regista di chiunque altro. Gran Torino ha un’estetica minimale è il volto del pistolero segnato dalla vecchiaia e dai suoi fallimenti».
Non lascia mai indifferente ed è questo la filosofia. «Clint Eastwood problematizza, crea dubbi, disagi e porta alla riflessione. Fedele a se stesso nelle contraddizioni e negli inciampi. La coscienza personale sopra a ogni potere. Senza politicamente corretto a coprire le magagne».