Positivo al Covid, muore a 64 anni ma è di religione islamica e non c'è un cimitero per seppellirlo
Salah Jbairi, 64 anni, era emigrato dal Marocco nel 1980
VARMO. «Non aveva mai avuto seri problemi di salute» raccontano i suoi cari, ma il virus lo ha ucciso in due settimane. Salah Jbairi, 64 anni, originario del Marocco e in Italia dal 1980, risiedeva a Varmo e lavorava per la società agricola “Le Gru” di Camino al Tagliamento. Gli mancavano solamente due anni per raggiungere la pensione e potersi finalmente godere i suoi cinque figli e gli undici nipoti. Invece il Covid se l’è portato via il 13 gennaio e ora per lui non si trova sepoltura.
«In Italia – spiega uno dei suoi figli, Zakaria – i servizi cimiteriali competono ai Comuni. Ma quelli più piccoli non hanno aree specifiche dedicate alle sepolture islamiche. In provincia di Udine manca un cimitero musulmano cui possano fare riferimento anche i paesi più piccoli. I capoluoghi come Udine e Trieste li hanno, ma vi si può accedere solo se si è residenti o se il decesso avviene lì. Effettivamente mio padre è mancato all’ospedale di Cattinara, ma il cimitero islamico di Trieste non ha più spazi. Normalmente le persone che hanno l’età di mio papà vengono rimpatriate nel Paese di origine, ma per via del Covid ciò ora non è possibile. Mentre chi è più giovane, come me, i miei fratelli e i nostri figli, vorrà verosimilmente essere seppellito dove ha sempre vissuto. Quindi la questione va affrontata, bisogna avviare un dibattito, in modo da non dover sempre provvedere a ogni singolo caso in condizioni di emergenza».
Fausto Prampero, sindaco di Varmo, esprime la sua vicinanza e quella dell’interno paese alla famiglia Jbairi: «Siamo molto addolorati per questa perdita. Non conoscevo personalmente Jbairi, ma so che era una persona in salute e che nel tempo aveva saputo integrarsi perfettamente nella comunità. Insieme ai suoi cari stiamo cercando una soluzione per la sepoltura. Una possibile sistemazione sarebbe all’interno dell’area cimiteriale della frazione di Belgrado».
Salah Jbairi, nato nel 1956 a Khouribga, cittadina conosciuta per le sue miniere di fosfati, aveva nove fratelli. Dopo aver frequentato le scuole, si è sposato con Aicha. Con lei, alla ricerca di migliori condizioni di lavoro e di vita, è emigrato in Sicilia dove ha lavorato come bracciante agricolo e commerciante. Poi la famiglia si è spostata in Friuli. «L’improvvisa scomparsa di mio padre – conclude il figlio Zakaria – ha sconvolto le tantissime persone che gli volevano bene e per le quali era un punto di riferimento. I nostri telefoni non smettono di suonare. Noi lo ricordiamo con il suo sorriso buono e speciale».